Susan Morrow (Amy Adams), una mercante d’arte di Los Angeles, conduce una vita agiata ma totalmente vuota insieme al marito Hutton (Armie Hammer). Mentre quest’ultimo è lontano per un viaggio di lavoro, la donna riceve un pacco inaspettato al cui interno c’è la prima stesura di un romanzo, intitolato Nocturnal Animals, scritto dal suo ex marito Edward (Jake Gyllenhaal), con cui non ha contatti da diversi anni. Insieme al manoscritto c’è un biglietto che invita Susan a leggere e a chiamarlo durante la sua visita in città.
È indubbiamente curiosa la carriera registica di Tom Ford, celebre stilista nato a Austin (Texas) nel 1961, che ha preso in mano la macchina da presa per la prima volta nel 2009 per realizzare A Single Man. Se quel progetto, discusso e discutibile, poteva apparire come un unicum cinematografico nella sua carriera immersa nell’alta moda, non può che stupire che sette anni dopo Ford sia tornato a dirigere una pellicola (in apparenza) molto diversa, ispirata al romanzo Tony and Susan di Austin Wright. Ci sono due “storie” all’interno di Animali notturni, diverse ma mai divise: la vita di Susan, in crisi sentimentale e professionale, e la vicenda narrata nel romanzo, con protagonista una famiglia che si ritrova assalita da un gruppo di balordi durante una buia notte texana. Non c’è scissione ma, grazie anche un notevole uso del montaggio alternato, le storie sembrano specchiarsi diventando una l’allegoria dell’altra. La finzione si fa più credibile, tesa e agghiacciante di una realtà ovattata, inerme e immateriale, dove non ci si emoziona più nel vedere il proprio figlio nella culla (basta un’applicazione sull’ultimo modello di cellulare in commercio) e in cui bisogna far danzare corpi putrescenti per ritrovare un “bello” che ha ormai perso il suo senso originale. Due storie di una (sola?) vendetta, compiuta in un finale efficace, sottomesso e silenzioso, come tutto il tono di un film che preferisce suggerire senza urlare le sue potenti riflessioni. Un film dove i dialoghi – reali – fanno più male dei colpi di pistola – fittizi – e della violenza che esplode di getto nel corso della visione (basti vedere la sequenza in cui Susan parla con sua madre per farsi un’idea in questo senso). E, a ben guardare, si capisce che il collante tra le due storie non è soltanto relativo ai personaggi in scena: il punto di raccordo è l’America stessa, vittima di una solitudine che non cambia dai grattacieli di Los Angeles alle immense distese delle pianure texane. Un grido disperato, in cui tutto sembra già scritto e in cui gli affetti sono diventati semplici gesti meccanici, che Ford lancia senza dimenticare di curare ogni dettaglio (ottimo il trucco dei personaggi, ringiovaniti e invecchiati alla perfezione). A concorrere al risultato complessivo un cast in forma straordinaria: Amy Adams si conferma una delle attrici più intense e importanti della sua generazione, Jake Gyllenhaal regala una prova di grande potenza fisica ed espressiva, Aaron Taylor-Johnson stupisce e Michael Shannon è semplicemente stratosferico. Tutti, però, interpretano al meglio un gruppo di esseri umani (reali o fittizi) deboli e dal destino segnato: animali notturni, in fondo, siano essi dei teppisti del Texas o delle donne in carriera ormai incapaci di dormire. Gran Premio della Giuria alla Mostra del Cinema di Venezia 2016. Golden Globe a Taylor-Johnson come miglior attore non protagonista.