Il festival procede spedito e questa quarta giornata ha visto protagonista assoluta l’Africa. Il programma odierno prevedeva due lungometraggi, entrambi africani (uno camerunense, l’altro malgascio), e due cortometraggi del Concorso Cortometraggi Africani, il francese “La voix des autres” di Fatima Kaci, passato anche a Cannes lo scorso anno, è la storia un'interprete tunisina che lavora in Francia nelle procedure di richiedenti asilo, mentre “I Promise You Paradise”, diretto da Morad Mostafa, racconta di un migrante africano in Egitto, che trova inizialmente rifugio in una chiesa copta del Cairo ma è poi costretto a vagare per la città insieme alla compagna e alla sua bimba appena nata.
Prima delle proiezioni, però, c’è stato l’appuntamento giornaliero dell’Ora del tè, nella cornice del Bar Girevole al festival center nei pressi dell’auditorium San Fedele, che ha visto protagonisti Paula Hernandez, regista di “El viento que arrasa”, passato nel concorso lungometraggi Finestre sul mondo ieri, e Giovanni C. Lorusso, regista di “Song of All Ends”, presentato nel concorso Extr’A. L’Ora del tè è stata l’occasione per chiacchierare con i due registi e approfondire alcuni temi legati ai loro film.
Mambar Pierrette. Rosine Mbakam è una prolifica regista documentarista camerunense che negli ultimi dieci anni si è affermata come una delle migliori documentariste della sua generazione, attraverso una serie di ritratti generosi e incisivi di donne africane. Con “Mambar Pierrette” fa il suo esordio nel cinema di finzione, raccontando una storia ambientata nella città di Douala, in Camerun, che è in trepidante attesa per l'inizio dell’anno scolastico. Una lunga fila di clienti si reca da Mambar Pierrette, per farsi preparare gli abiti. Pierrette non è solo una semplice sarta, nel quartiere è diventata anche la confidente dei suoi clienti. Quando la pioggia torrenziale minaccia di allagare il suo laboratorio – una delle tante difficoltà a cui la donna deve far fronte – Pierrette dovrà cercare di “restare a galla”. Passato al Toronto International Film Festival dello scorso anno, Mambar Pierrette è un commovente ritratto di forza d'animo e di attenzione incentrato su una donna orgoliosa, una valorosa sarta e madre single.
Disco Afrika: une histoire malgache. L’opera prima di Luck Razanajaona, invece, arriva dal Madagascar ed arriva direttamente dalla Berlinale di pochi mesi fa, dove è stato presentato nella sezione Generation 14plus e ha vinto il Premio AG Kino Gilde - Cinema Vision 14plus. Racconta la storia di Kwame, un ragazzo del Madagascar di oggi, per guadagnarsi da vivere accetta lavori di fatica come quello in una miniera di zaffiri. Un evento traumatico occorso nella miniera lo porta a riflettere sulla sua condizione e sulle ingiustizie del suo Paese e a recuperare la memoria del padre, musicista e attivista politico, scomparso durante una manifestazione nei turbolenti anni ‘70. Pian piano si risveglia anche in lui l’istinto di rivolta e il desiderio di lottare. Il giovane protagonista sembra portare il peso del mondo sulle spalle, ma trova sempre la forza di cercare risposte e una via per un futuro migliore. Nel film riecheggiano i movimenti africani per i diritti civili degli anni Settanta, un'epoca che ha segnato un risveglio artistico e musicale come continuazione della lotta per l'indipendenza. Nella storia personale di Kwame, il film affronta anche l'eredità del colonialismo e la storia della resistenza, gettando un riflettore sulla situazione contemporanea.
La quinta giornata di domani, martedì 7 maggio, continuerà il focus sull’Africa, con “Africa Talks 2024: Visual Africa. Creatività, prospettive e cambiamenti nelle arti visive”, una tavola rotonda sul tema delle arti visive, in collaborazione con Fondazione Edu, a cui seguirà la proiezione del film nigeriano “Over the Bridge”.
A domani con il racconto della quinta giornata!
A cura di Simone Riccardi
Prima delle proiezioni, però, c’è stato l’appuntamento giornaliero dell’Ora del tè, nella cornice del Bar Girevole al festival center nei pressi dell’auditorium San Fedele, che ha visto protagonisti Paula Hernandez, regista di “El viento que arrasa”, passato nel concorso lungometraggi Finestre sul mondo ieri, e Giovanni C. Lorusso, regista di “Song of All Ends”, presentato nel concorso Extr’A. L’Ora del tè è stata l’occasione per chiacchierare con i due registi e approfondire alcuni temi legati ai loro film.
Mambar Pierrette. Rosine Mbakam è una prolifica regista documentarista camerunense che negli ultimi dieci anni si è affermata come una delle migliori documentariste della sua generazione, attraverso una serie di ritratti generosi e incisivi di donne africane. Con “Mambar Pierrette” fa il suo esordio nel cinema di finzione, raccontando una storia ambientata nella città di Douala, in Camerun, che è in trepidante attesa per l'inizio dell’anno scolastico. Una lunga fila di clienti si reca da Mambar Pierrette, per farsi preparare gli abiti. Pierrette non è solo una semplice sarta, nel quartiere è diventata anche la confidente dei suoi clienti. Quando la pioggia torrenziale minaccia di allagare il suo laboratorio – una delle tante difficoltà a cui la donna deve far fronte – Pierrette dovrà cercare di “restare a galla”. Passato al Toronto International Film Festival dello scorso anno, Mambar Pierrette è un commovente ritratto di forza d'animo e di attenzione incentrato su una donna orgoliosa, una valorosa sarta e madre single.
Disco Afrika: une histoire malgache. L’opera prima di Luck Razanajaona, invece, arriva dal Madagascar ed arriva direttamente dalla Berlinale di pochi mesi fa, dove è stato presentato nella sezione Generation 14plus e ha vinto il Premio AG Kino Gilde - Cinema Vision 14plus. Racconta la storia di Kwame, un ragazzo del Madagascar di oggi, per guadagnarsi da vivere accetta lavori di fatica come quello in una miniera di zaffiri. Un evento traumatico occorso nella miniera lo porta a riflettere sulla sua condizione e sulle ingiustizie del suo Paese e a recuperare la memoria del padre, musicista e attivista politico, scomparso durante una manifestazione nei turbolenti anni ‘70. Pian piano si risveglia anche in lui l’istinto di rivolta e il desiderio di lottare. Il giovane protagonista sembra portare il peso del mondo sulle spalle, ma trova sempre la forza di cercare risposte e una via per un futuro migliore. Nel film riecheggiano i movimenti africani per i diritti civili degli anni Settanta, un'epoca che ha segnato un risveglio artistico e musicale come continuazione della lotta per l'indipendenza. Nella storia personale di Kwame, il film affronta anche l'eredità del colonialismo e la storia della resistenza, gettando un riflettore sulla situazione contemporanea.
La quinta giornata di domani, martedì 7 maggio, continuerà il focus sull’Africa, con “Africa Talks 2024: Visual Africa. Creatività, prospettive e cambiamenti nelle arti visive”, una tavola rotonda sul tema delle arti visive, in collaborazione con Fondazione Edu, a cui seguirà la proiezione del film nigeriano “Over the Bridge”.
A domani con il racconto della quinta giornata!
A cura di Simone Riccardi