Halvard Solness (Wallace Shawn) è un celebre architetto in fin di vita. Intorno a lui si riuniscono le figure che hanno accompagnato la sua esistenza, a partire dalla moglie Aline (Julie Hagerty). Un ultimo sussulto, però, glielo regalerà la giovane Hilde (Lisa Joyce). Jonathan Demme ha accarezzato per lungo tempo l'idea di portare al cinema il dramma di Ibsen Il costruttore Solness, un desiderio che si è realizzato grazie a Wallace Shawn e André Gregory, adattatori del testo a loro tempo e, in questo caso, anche interpreti sopraffini della vicenda: Shawn recita nei panni di Halvard e Gregory in quelli di Knut. Il cuore pulsante del cinema di Demme si conferma vicino alla vita catturata dal vero, a partire da un'impostazione da palcoscenico ricca di stimoli e con una prossimità ammirevole alle palpitazioni dei personaggi e alle loro relazioni: un cinema asserragliato che si chiude a riccio e rifiuta il caos del mondo esterno per ripiegarsi su se stesso e su un romanticismo intimo e familiare, da perseguire come forma massima di resistenza. Il neoclassicismo teatrale di Demme calca la mano sull'eccesso, sulla battuta pronunciata a effetto e secondo coordinate espressive talvolta forzate, ma ciò che il regista riesce a tirar fuori dagli attori e la generosità con cui si dedica alle sottigliezze e alle sfumature è ammirevole. Il film, che soffre anche di un'evidente prolissità, è dedicato a Louis Malle, ufficialmente per il legame con i due drammaturghi, ma la sua lectio magistralis su ciò che voglia dire fare un cinema dei sentimenti misurato, ma allo stesso tempo incandescente, è presente e ben visibile.