Nella Polonia post bellica, il celebre pittore Władysław Strzemiński (Boguslaw Linda) è professore presso la Scuola Nazionale di Belle Arti di Łódź. Considerato dai suoi studenti alla stregua di un messia della pittura moderna e tra i fondatori della corrente dell’Unismo, viene espulso dall’università e dal sindacato degli artisti per essersi sottratto ai codici rigidi e ai dettami castranti imposti dal Partito socialista.
Evitando le secche del semplice biopic, il regista Andrzej Wajda racconta l’interessante figura di Strzemiński esaltandone il valore paradigmatico, la singolarità e il monito tutt’altro che scontato che la sua vita e la sua arte hanno saputo portare con sé. Nelle mani dell’autore polacco, l’artista diventa il prototipo, riflessivo e lucido, di una resistenza al potere da esercitare in forma di ostinazione e dissidenza, proprio perché consapevole dei propri mezzi e delle proprie possibilità. L’approccio stilistico di Wajda è quieto e composto, ma animato da una passione vibrante e da un’eloquenza inappuntabile ed estremamente efficace, allo stesso tempo civile e sapiente, accorata e sfaccettata. Se la ricostruzione storica è vittima di qualche appiattimento di troppo, con delle scorciatoie votate alla semplificazione e una manciata di derive oleografiche, il cuore del film è garantito dalla sincerità e dalla purezza di sguardo del regista. Una storia di ribellione e di sovversione rispetto al canone, dove l’ideale è calato nella concretezza della Storia e dei suoi bisogni più impellenti, sotto il profilo sia artistico che politico. Il ritratto negato è diventato, purtroppo, l’ultimo lavoro della gloriosa carriera di Wajda, scomparso pochi giorni prima della presentazione del film nella Selezione Ufficiale della Festa del Cinema di Roma 2016.