Anime nere
2014
Paesi
Italia, Francia
Generi
Drammatico, Gangster
Durata
103 min.
Formato
Colore
Regista
Francesco Munzi
Attori
Barbora Bobulova
Fabrizio Ferracane
Marco Leonardi
Giuseppe Fumo
Anna Ferruzzo
Peppino Mazzotta
Luigi (Marco Leonardi), Rocco (Peppino Mazzotta) e Luciano (Fabrizio Ferracane) sono tre fratelli calabresi che hanno scelto strade diverse: il primo è un piccolo boss del narcotraffico, aiutato dal secondo che gestisce traffici illeciti al Nord, mentre l'ultimo si sforza di vivere onestamente, benché miseramente, da pastore nella terra d'origine. Ma il sangue non è acqua.
Francesco Munzi (dopo Saimir, del 2004, e Il resto della notte, del 2008) opta per una tematica non semplice (la scelta tra la vita facile ma breve e immorale della malavita o le asperità di un'esistenza onesta dedicata al duro lavoro nei campi) e per una sceneggiatura cupa e pessimista, che non lascia spazio a facili buonismi. Ma se il regista non ha paura di cimentarsi con la materia, né di contaminare pesantemente i dialoghi con il dialetto calabrese, tuttavia non riesce a far decollare completamente l'opera che rimane, nel complesso, una riflessione socio-geografica intensa ma non memorabile. L'eterna lotta tra il bene e il male (con quest'ultimo che, a sorpresa, trionfa) e il dilemma morale che si insinua nella famiglia, finendo per distruggerla bruscamente, vengono sviluppati in maniera un po' troppo didascalica, mentre è particolarmente riuscita la rappresentazione dei fratelli e anche gli attori fanno bene il loro dovere. Interessante, inoltre, l'uso di una fotografia fredda e opaca che ben si accorda al brullo e desolato paesaggio dell'Aspromonte. Presentato in concorso alla Mostra di Venezia 2014 e vincitore di ben nove David di Donatello: miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura, miglior montaggio, miglior fotografia, miglior canzone originale, miglior produttore, miglior musicista e miglior fonico di presa diretta.
Francesco Munzi (dopo Saimir, del 2004, e Il resto della notte, del 2008) opta per una tematica non semplice (la scelta tra la vita facile ma breve e immorale della malavita o le asperità di un'esistenza onesta dedicata al duro lavoro nei campi) e per una sceneggiatura cupa e pessimista, che non lascia spazio a facili buonismi. Ma se il regista non ha paura di cimentarsi con la materia, né di contaminare pesantemente i dialoghi con il dialetto calabrese, tuttavia non riesce a far decollare completamente l'opera che rimane, nel complesso, una riflessione socio-geografica intensa ma non memorabile. L'eterna lotta tra il bene e il male (con quest'ultimo che, a sorpresa, trionfa) e il dilemma morale che si insinua nella famiglia, finendo per distruggerla bruscamente, vengono sviluppati in maniera un po' troppo didascalica, mentre è particolarmente riuscita la rappresentazione dei fratelli e anche gli attori fanno bene il loro dovere. Interessante, inoltre, l'uso di una fotografia fredda e opaca che ben si accorda al brullo e desolato paesaggio dell'Aspromonte. Presentato in concorso alla Mostra di Venezia 2014 e vincitore di ben nove David di Donatello: miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura, miglior montaggio, miglior fotografia, miglior canzone originale, miglior produttore, miglior musicista e miglior fonico di presa diretta.
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