Johnny Vanning (Eduardo Ciannelli) è un feroce gangster a capo di diversi night club di New York. In uno di questi lavorano cinque ragazze, stanche degli abusi esercitati dall'uomo ma timorose di severe punizioni in caso di denuncia. Dopo alcuni scottanti episodi, però, una di loro (Bette Davis) prova a convincere le sue amiche ad avvertire le forze dell'ordine. Le cinque schiave ritorna ad analizzare gli ambienti e le situazioni più cupi e noir già percorse da Lloyd Bacon in La riva dei bruti (1935): questa volta però l'autore, da sempre più affine al genere delle commedie musicali (suo il bellissimo Quarantaduesima strada del 1933), può contare su una maggiore esperienza e sull'aiuto di Michael Curtiz (coregista del film, non accreditato). Il risultato, sebbene lontano da alte vette artistiche o richiami autoriali, è decisamente calato nei dettami del genere e privo di evidenti difetti. La pellicola infatti procede con un ritmo serrato e ipnotico che, nonostante alcuni passaggi un po' troppo frettolosi (soprattutto nella parte finale, stringata per condurre in breve la vicenda verso l'epilogo), tiene lo spettatore sull'attenti per tutta la sua durata. Glissando superficialmente su alcune tematiche più scottanti (il rapporto uomo-donna, la linea sottile tra bene e male, l'omertà), Le cinque schiave deve molto anche a un cast in forma e convincente (in primis i due protagonisti). Bette Davis, a tal proposito, vinse la Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile durante il Festival di Venezia proprio per questo ruolo.