I Don't Want To Sleep Alone
Hei yan quan
2006
Paesi
Malesia, Cina, Taiwan, Francia, Austria
Genere
Drammatico
Durata
115 min.
Formato
Colore
Regista
Tsai Ming-liang
Attori
Lee Kang-sheng
Chen Shiang-chyi
Norman Atun
Kuala Lumpur, Malesia. Dopo essere stato pesantemente malmenato da alcuni truffatori, il senzatetto Hsiao-Kang (Lee Kang-sheng) viene raccolto in fin di vita e curato da Rawang (Norman Atun), un lavoratore immigrato dal Bangladesh. Contemporaneamente, una giovane cameriera (Chen Shiang-chyi) si prende cura di un altro Hsiao-Kang (Lee Kang-sheng) confinato in un letto in stato comatoso.
Commissionato dal New Crowned Hope Festival di Vienna per commemorare il duecentocinquantesimo anniversario della nascita di Mozart, l'ottavo film di Tsai Ming-liang segna la sua prima trasferta registica nella multietnica Malesia in cui è nato e vissuto per vent'anni prima di trasferirsi a Taiwan. Lo accompagna ancora una volta il suo attore feticcio Lee Kang-sheng che per l'occasione si sdoppia nel ruolo di un vagabondo e di un uomo ridotto in stato vegetativo: una scelta anomala da cui nasce una suggestiva interpretazione che vede il primo come la semplice proiezione mentale del secondo (ma la tesi non viene né confermata né smentita dal regista che preferisce conservare l'ambiguità della vicenda). Che sia sogno o realtà, mettendo in scena la difficile condizione dei lavoratori immigrati in terra straniera, Tsai indaga come sempre l'insopprimibile bisogno di amore che ogni uomo porta con sé: cambia lo scenario (dalla Taipei scintillante dei film precedenti a una Kuala Lumpur povera e polverosa) ma resta invariata la silenziosa solitudine che attanaglia incessantemente i suoi personaggi. Il risultato è un film sospeso e rarefatto, che nei suoi momenti migliori riesce a essere delicato e straziante (una su tutte la sequenza in cui Rawang aiuta per la prima volta Hsiao-Kang a urinare), ma che nel complesso fatica a trovare un giusto equilibrio fra realismo e lirismo e che, in ultima battuta, aggiunge poco a quanto già detto dal regista nei suoi lavori taiwanesi. Troppo statico, inoltre, per poter appassionare davvero, nonostante diverse sequenze visivamente impressionanti. Presentato in concorso alla Mostra di Venezia 2006.
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