Thelma (Cherry Pie Picache) è una “foster mother”, sorta di genitrice adottiva che si prende cura dei bambini abbandonati fino al momento dell'affido definitivo in una nuova famiglia. L'attività, gestita dall'assistente sociale Bianca (Eugene Domingo), è l'unica fonte di sostentamento per Thelma, per suo marito Dado (Dan Alvaro) e per i due figli adolescenti Gerald (Alwyn Uytingco) e Yuri (Jiro Manio). La separazione dal suo ultimo “foster child”, John John (Kier Segismundo), sarà per Thelma motivo di enorme sofferenza. Con sguardo ravvicinatissimo ma al contempo distaccato e quasi “asettico”, il quinto film del prolifico Brillante Mendoza – che, nello stesso anno di Foster Child, girerà anche Tirador e Pantasya – ci immerge nelle baraccopoli di Manila, labirinti di lamiera che pullulano di esseri umani emarginati e allo sbando. La cinepresa pedina la protagonista Cherry Pie Picache (vincitrice di numerosi premi per questo ruolo, fra cui quello per la migliore attrice al 28° Durban International Film Festival) e la superstar filippina Eugene Domingo indugiando su particolari apparentemente insignificanti e non permettendo allo spettatore di distinguere appieno fra verità e finzione. Come per gran parte della sua filmografia, Mendoza mette a disposizione il suo cine-occhio per dare spazio ai problemi socio-culturali che affliggono la sua terra natìa. Da questo punto di vista, Foster Child forma quasi un dittico con il precedente Manoro (2006), per la sua capacità di indagare il disagio dei minori e le privazioni cui sono costretti. Riflessioni forti, anche se efficaci più sulla carta che nella resa complessiva: in ogni caso, è un lungometraggio incisivo, credibile e confezionato in maniera più che discreta. Prodotto dalla casa di produzione indipendente Seiko Films, chiusa proprio nel 2007 per la distribuzione di opere ritenute “pornografiche”, dal forte orientamento sessuale. Uscito nelle sale francesi con il titolo alternativo John John.