Corea, anni '30. Durante l'occupazione nipponica, la giovane Sook-hee (Kim Tae Ri) viene assunta come domestica da Hideko (Kim Min-hee), una ricca ereditiera. In realtà le sue intenzioni sono tutt'altro che nobili, ma l'ancella dovrà rivedere i suoi piani quando tra le due nascerà un'insolita passione.
Decidendo di raccontare l'amore omosessuale tra due giovani donne nella Corea degli anni Trenta, Park Chan-wook non riesce a fare a meno di privarsi del suo stile eccentrico, ipnotico e apprezzabile per alcune scelte visive adottate che restituiscono un notevole respiro sul grande schermo. Eppure bastano pochi minuti delle estenuanti due ore e trenta di durata per accorgersi di come in Mademoiselle l'impianto estetico sia in realtà estremizzato e fuori contesto. Rischiando, dunque, di diventare la maniera di se stesso, l'autore non riesce ad approfondire nella dimensione migliore le potenziali qualità del progetto in questione, relegando così l'incontro/scontro tra due solitudini individuali (che riflettono su larga scala il periodo storico cupo e tenebroso dell'occupazione giapponese ai danni della Corea) a una mera relazione passionale e clandestina che riesce a turbare o scuotere l'animo del pubblico solo in pochi momenti. Col passare dei minuti la narrazione inizia a rendersi ostile e affaticata, disorientando la visione con l’inserimento di alcune sequenze anonime e decontestualizzate dal resto del copione (la scena della tortura su tutte) senza nemmeno riuscire ad avvalorare adeguatamente i colpi di scena previsti in fase di scrittura. Sicuramente il talento e il coraggio non mancano al regista, così come la voglia di mettersi in gioco con materiale differente da quello sviscerato lungo la precedente carriera, ma la sceneggiatura che si fa macchinosa col passare dei minuti e il finale grossolano sono limiti troppo evidenti per rimanere nascosti. Tratto dal romanzo Ladra di Sarah Waters. Il film è stato presentato in concorso al Festival di Cannes del 2016.