Nel giorno della sua promozione a capo dell'ufficio politico, un funzionario della squadra omicidi (Gian Maria Volonté) uccide la sua amante, la facoltosa e disinibita Augusta Terzi (Florinda Bolkan). Contrariamente a quanto suggerirebbe la logica, l'assassino non fa nulla per nascondere le tracce della propria colpevolezza e anzi offre agli investigatori su un piatto d'argento numerose prove, forte della posizione che occupa e del suo ruolo istituzionale, al di sopra di ogni sospetto.
Primo episodio della cosiddetta trilogia della nevrosi (completata da La classe operaia va in paradiso del 1971 e da La proprietà non è più un furto del 1973). Petri e lo sceneggiatore Ugo Pirro raccontano il delirio di onnipotenza di un burocrate consapevole della propria impunibilità in quanto incarnazione dell'ordine costituito. «Qualunque imposizione faccia su di noi, egli è servo della legge, quindi appartiene alla legge e sfugge al giudizio umano»: nella citazione da Kafka che conclude il film sta il senso di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, audace ritratto dell'arroganza del potere e della fragilità psicologica di chi è chiamato a garantire l'ordine, incerto tra pulsioni autoritarie («La repressione è civiltà» scandisce il protagonista in una celeberrima scena) e la necessità di persuadersi delle proprie ragioni, tra la cinica spavalderia dell'intoccabile e un infantile bisogno di attenzioni. Il funzionario di polizia senza nome cui Volonté presta il volto è uno schizofrenico esibizionista che manifesta tutta la sua sfrontatezza, compensando con la propria feroce superbia di facciata un profondo senso di frustrazione. La sua virilità impomatata e fittizia è la maschera con cui tenta di nascondere l'inadeguatezza sessuale di cui viene accusato dalla sua amante mentre l'insolenza con cui tratta sottoposti, colleghi e civili è un modo per esercitare un'autorità che sente monca e limitata e per sfogare le proprie repressioni (sessuali, culturali e di classe). Senza cedere alle facilonerie di un cinema didattico e schematicamente ideologico, Petri utilizza uno stile barocco e straniante, in cui l'onirismo si fonde con il grottesco, i piani narrativi si confondono e lo spettatore è costantemente spiazzato e stimolato da un'opera complessa e seducente, umoristica e al contempo tragica. Straordinaria la prova di Gian Maria Volonté che con questo film diede ulteriore prova del suo talento eclettico e divenne a tutti gli effetti una star internazionale. Fondamentale il contributo dell'indimenticabile partitura di Ennio Morricone. Oscar come miglior film straniero nel 1971 e Premio speciale della giuria al Festival di Cannes dell'anno precedente.