La proprietà non è più un furto
1973
Rai Play
Paesi
Italia, Francia
Generi
Drammatico, Grottesco
Durata
120 min.
Formato
Colore
Regista
Elio Petri
Attori
Flavio Bucci
Ugo Tognazzi
Salvo Randone
Mario Scaccia
Daria Nicolodi
Ettore Garofolo
Gigi Proietti
Pscicolabile e mentalmente istabile, il ragionier Total (Flavio Bucci), impiegato di banca marxista-mandrakista vittima di un'allergia della pelle provocata dal contatto con le banconote, ha sviluppato negli anni un odio profondo per le persone ricche e arroganti che hanno guadagnato i soldi nell'illegalità. Prende così di mira un macellaio benestante (Ugo Tognazzi) e inizia progressivamente a derubarlo dei suoi averi in nome di una utopica giustizia di classe.

All'apice del suo estro creativo, Elio Petri realizza un'altra opera fondamentale all'interno del panorama cinematografico italiano, dopo il successo internazionale ottenuto con Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) e La classe operaia va in paradiso (1971). Meno rigorosa e complessa delle due precedenti, ma non per questo meno efficace, la pellicola analizza la contaminazione (intellettuale e fisica) che subisce l'uomo a causa della dipendenza dal denaro imposta dalle dinamiche capitaliste. E così il gesto di bruciare o buttare nel gabinetto una banconota assume i tratti di un oltraggioso rito pagano. Apologo allucinato segnato da invidia, egoismo e odio, esasperati dal legno storto di un tessuto sociale che non concede possibilità di cambiamento ai più deboli. Un grottesco incubo a occhi aperti e un mostruoso teatro dell'assurdo che raggiunge autentico realismo attraverso il fantastico sociale. La gestualità ferina dei personaggi si riflette anche nella volgarità della parola e la brama di possesso svela la natura meschina, la depravazione sessuale e le ossessioni dell'uomo, in un contesto storico-politico nebuloso ma perfettamente sovrapponibile a quello dell'epoca. L'ideologia di fondo si fa schematica nel confronto tra i due protagonisti, ma l'elogio funebre del ladro e il potente epilogo simbolico rimangono nella memoria. Regia inventiva, straordinaria direzione degli attori, magistrale sceneggiatura di Petri e Ugo Pirro, garbate musiche di Ennio Morricone e scenografie di Gianni Polidori che guardano alle installazioni di arte contemporanea (notevole la mostra dei congegni di sicurezza). Il dipinto dei titoli di testa è di Renzo Vespignani. Presentato in concorso al Festival di Berlino.
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