In un futuro imprecisato, la scrittrice Katherine Mortenhoe (Romy Schneider), dopo che le è stata diagnosticata una grave malattia che la porterà entro due mesi alla morte, firma un contratto con l'emittente televisiva CNA che trasmetterà i suoi ultimi giorni nello show “La morte in diretta”. Quando Katherine decide di scappare, sarà inseguita da Roddy (Harvey Keitel), inviato della CNA, che ha delle telecamere impiantate dentro agli occhi con cui filma qualsiasi cosa veda. Curiosa incursione di Bertrand Tavernier nel genere fantascientifico distopico, adattamento dal romanzo The Unsleeping Eye di David G. Compton. L'analisi sociologica verso un'umanità spietata e compiaciuta del proprio cinismo è impietosa, ed è interessante lo sguardo profetico verso la cosiddetta televisione del dolore, vera e propria forma di pornografia in cui il voyeurismo flirta con l'abiezione. Ma il regista tiene fede al proprio stile documentarista, attento alla ricerca di un naturalismo e di una semplicità espressiva che in questa circostanza poco sembrano essere funzionali al racconto. Così gli interessanti assunti teorici di partenza non trovano una forma filmica adeguata e in grado di esprimere visivamente e in maniera originale un senso di disagio esistenziale, di generale abbrutimento e di paura verso il futuro. Le uniche intuizioni, infatti, peccano di prevedibilità o sono eccessivamente derivative e le atmosfere spettrali e suggestive di Glasgow non bastano per salvare un prodotto confuso e contraddittorio. Buona la prova della splendida e sfortunata Romy Schneider, mentre Harvey Keitel appare piuttosto spaesato. Il film è dedicato al regista Jacques Tourneur che Tavernier omaggerà anche in Laissez-passer (2002).