Padre Pio
2022
Paesi
Italia, Germania
Genere
Biografico
Durata
104 min.
Formato
Colore
Regista
Abel Ferrara
Attori
Shia Labeouf
Cristina Chiriac
Marco Leonardi
Asia Argento
È la fine della Prima Guerra Mondiale e i giovani soldati italiani tornano a San Giovanni Rotondo, terra di povertà, storicamente violenta, sulla quale la Chiesa e i ricchi proprietari terrieri esercitano un dominio ferreo. Le famiglie sono disperate, gli uomini sono distrutti ma vittoriosi. Arriva anche Padre Pio (Shia LaBeouf), in uno sperduto convento di cappuccini, per iniziare il suo ministero, evocando un’aura carismatica, la santità e visioni epiche di Gesù, Maria e del Diavolo. La vigilia delle prime elezioni libere in Italia fa da sfondo a un massacro storico e metaforico, un evento apocalittico che cambierà il corso del mondo.
Abel Ferrara, da tempo residente a Roma, dopo Pasolini (2014) si cimenta con un altro personalissimo ritratto di un’icona italiana, prendendola controcorrente e radicalizzandone fino alle estreme conseguenze il furore religioso e lo spirito tormentato e rabbuiato. Nell’affidare il ruolo a Shia LaBeouf, che durante la realizzazione del film si è convertito al cattolicesimo nel momento più difficile e controverso della sua immagine pubblica, il regista sceglie contemporaneamente di girare il film in inglese, con un forte senso di straniamento, specie per la lingua anglofona messa in bocca “a forza” anche ad attori italiani, ma con un altissimo e autentico grado di appropriazione della parabola personale, mistica e in fin dei conti tremendamente terrena del frate di Pietrelcina. A Ferrara non interessa affatto la dimensione iconica o miracolistica del santo, ma esclusivamente le fratture dell’uomo, colte in un’accidentata e furente sospensione tra peccato e redenzione, colpa ed espiazione, senso di intossicamento per i propri demoni e riscatto dalle pastoie e dalle miserie delle azioni terrene (tutti temi carissimi al cineasta). Lo stile sperimentale e a tratti fosco dell’autore, che ricorre a immagini cupe e intermittenti quando è in scena Pio, va però di pari passo, per gran parte della durata, a una storicità più marcata, visto che a fare da sfondo principale ci sono soprattutto le vicende della San Giovanni Rotondo del 1920, calate in un’Italia povera, disperata, reduce dalla Prima Guerra Mondiale e popolata da proprietari terrieri che, al contrario di Pio, trovano nell’adesione politica un’ancora di salvezza scevra da meditazioni e tentennamenti: una fede anch’essa destinata, tuttavia, ad affrontare la via crucis del fallimento e del fuoco spianato, con i contadini prede del giogo dei latifondisti e animati da un’ideologia socialista che da lì a poco affronterà la sua prima scissione con la nascita del PCI nel 1921. L’operazione nella sua totalità appare, anche in virtù di questo doppio livello d’azione, a tratti fin troppo scissa e interlocutoria, con più di qualche momento sfasato e tirato per i capelli e una latente sensazione di vacuità, ma la spinta rabbiosa e grezza di tutta l’operazione riesce, quantomeno nello spirito, a intercettare una parvenza più che evidente di discorso pasoliniano sulla marginalità e la sacralità di un rapporto col divino non ancora contaminato dalle scie e le sirene del progresso. Significativo il finale, che fa fare a tutto il film uno spiccato salto verso una dimensione da viscido body horror dell’anima, e particolarmente scavata e tetra l’interpretazione di un selvaggio e urlante LaBeouf, mentre Asia Argento presta il suo contributo in una sequenza nei panni di un uomo (!) che dichiara al frate i suoi osceni languori erotici verso la figlia. Presentato alle Giornate degli Autori della Mostra del Cinema di Venezia 2022.
Abel Ferrara, da tempo residente a Roma, dopo Pasolini (2014) si cimenta con un altro personalissimo ritratto di un’icona italiana, prendendola controcorrente e radicalizzandone fino alle estreme conseguenze il furore religioso e lo spirito tormentato e rabbuiato. Nell’affidare il ruolo a Shia LaBeouf, che durante la realizzazione del film si è convertito al cattolicesimo nel momento più difficile e controverso della sua immagine pubblica, il regista sceglie contemporaneamente di girare il film in inglese, con un forte senso di straniamento, specie per la lingua anglofona messa in bocca “a forza” anche ad attori italiani, ma con un altissimo e autentico grado di appropriazione della parabola personale, mistica e in fin dei conti tremendamente terrena del frate di Pietrelcina. A Ferrara non interessa affatto la dimensione iconica o miracolistica del santo, ma esclusivamente le fratture dell’uomo, colte in un’accidentata e furente sospensione tra peccato e redenzione, colpa ed espiazione, senso di intossicamento per i propri demoni e riscatto dalle pastoie e dalle miserie delle azioni terrene (tutti temi carissimi al cineasta). Lo stile sperimentale e a tratti fosco dell’autore, che ricorre a immagini cupe e intermittenti quando è in scena Pio, va però di pari passo, per gran parte della durata, a una storicità più marcata, visto che a fare da sfondo principale ci sono soprattutto le vicende della San Giovanni Rotondo del 1920, calate in un’Italia povera, disperata, reduce dalla Prima Guerra Mondiale e popolata da proprietari terrieri che, al contrario di Pio, trovano nell’adesione politica un’ancora di salvezza scevra da meditazioni e tentennamenti: una fede anch’essa destinata, tuttavia, ad affrontare la via crucis del fallimento e del fuoco spianato, con i contadini prede del giogo dei latifondisti e animati da un’ideologia socialista che da lì a poco affronterà la sua prima scissione con la nascita del PCI nel 1921. L’operazione nella sua totalità appare, anche in virtù di questo doppio livello d’azione, a tratti fin troppo scissa e interlocutoria, con più di qualche momento sfasato e tirato per i capelli e una latente sensazione di vacuità, ma la spinta rabbiosa e grezza di tutta l’operazione riesce, quantomeno nello spirito, a intercettare una parvenza più che evidente di discorso pasoliniano sulla marginalità e la sacralità di un rapporto col divino non ancora contaminato dalle scie e le sirene del progresso. Significativo il finale, che fa fare a tutto il film uno spiccato salto verso una dimensione da viscido body horror dell’anima, e particolarmente scavata e tetra l’interpretazione di un selvaggio e urlante LaBeouf, mentre Asia Argento presta il suo contributo in una sequenza nei panni di un uomo (!) che dichiara al frate i suoi osceni languori erotici verso la figlia. Presentato alle Giornate degli Autori della Mostra del Cinema di Venezia 2022.
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