I professionisti
The Professionals
1966
Paese
Usa
Generi
Western, Avventura
Durata
117 min.
Formato
Colore
Regista
Richard Brooks
Attori
Burt Lancaster
Lee Marvin
Claudia Cardinale
Robert Ryan
Woody Strode
Jack Palance
Ralph Bellamy
Quattro mercenari – Dolworth (Burt Lancaster), Fardan (Lee Marvin), Ehrengard (Robert Ryan) e Jake (Woody Stroode) – vengono assunti dal ricco Grant (Ralph Bellamy) per liberare Maria (Claudia Cardinale), moglie del milionario rapita dal rivoluzionario messicano Raza (Jack Palance). La missione, però, prenderà una piega imprevista.
Dal romanzo A Mule for the Marquesa di Frank O'Rourke. È il secondo e il migliore dei film western girati da Richard Brooks, tra L'ultima caccia (1956) e Stringi i denti e vai (1975), come quest'ultimo ambientato in un'epoca post-frontiera (il primo Novecento delle rivolte in Messico, della genesi delle ideologie ma anche del proto-capitalismo). Avventuroso ma cinico e spietato, amarissimo eppure innegabilmente intriso di romanticismo, è uno dei migliori risultati nella filmografia del regista che, iconograficamente parlando, sembra quasi precorrere il cinema di Sam Peckinpah (soprattutto il pur più pessimista Il mucchio selvaggio, 1969). Strepitosi i quattro interpreti principali, veterani della Hollywood d'oro, cui si aggiunge una Claudia Cardinale sensuale e iconica (seppur non efficacissima come doppiatrice di se stessa). Tra enormi quantità di morti ammazzati, il vero fiore all'occhiello sono gli splendidi dialoghi scritti dallo stesso Brooks, tra cui spicca l'indimenticabile battuta di Palance che racchiude tutto il senso politico del film: «La rivoluzione non è una dea, è una baldracca. Non è mai stata pura, mai santa, mai perfetta. (…) Senza l'amore e senza una causa, noi non siamo niente! Noi restiamo perché crediamo. E scappiamo quando siamo delusi. E torniamo quando siamo perduti. E moriamo perché abbiamo promesso». Bellissimo. Tre nomination ai premi Oscar: regia, sceneggiatura e fotografia (Conrad L. Hall). Rutilante colonna sonora di Maurice Jarre.
Dal romanzo A Mule for the Marquesa di Frank O'Rourke. È il secondo e il migliore dei film western girati da Richard Brooks, tra L'ultima caccia (1956) e Stringi i denti e vai (1975), come quest'ultimo ambientato in un'epoca post-frontiera (il primo Novecento delle rivolte in Messico, della genesi delle ideologie ma anche del proto-capitalismo). Avventuroso ma cinico e spietato, amarissimo eppure innegabilmente intriso di romanticismo, è uno dei migliori risultati nella filmografia del regista che, iconograficamente parlando, sembra quasi precorrere il cinema di Sam Peckinpah (soprattutto il pur più pessimista Il mucchio selvaggio, 1969). Strepitosi i quattro interpreti principali, veterani della Hollywood d'oro, cui si aggiunge una Claudia Cardinale sensuale e iconica (seppur non efficacissima come doppiatrice di se stessa). Tra enormi quantità di morti ammazzati, il vero fiore all'occhiello sono gli splendidi dialoghi scritti dallo stesso Brooks, tra cui spicca l'indimenticabile battuta di Palance che racchiude tutto il senso politico del film: «La rivoluzione non è una dea, è una baldracca. Non è mai stata pura, mai santa, mai perfetta. (…) Senza l'amore e senza una causa, noi non siamo niente! Noi restiamo perché crediamo. E scappiamo quando siamo delusi. E torniamo quando siamo perduti. E moriamo perché abbiamo promesso». Bellissimo. Tre nomination ai premi Oscar: regia, sceneggiatura e fotografia (Conrad L. Hall). Rutilante colonna sonora di Maurice Jarre.
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