Nel 2002, un tassista afghano viene interrogato e torturato sino alla morte dalle forze statunitensi. Prendendo spunto da questo fatto, il documentarista Alex Gibney conduce un'indagine mirata a denunciare le violazioni dei diritti umani da parte dell'amministrazione Bush nel post 11 Settembre. Dopo aver indagato su uno dei più gravi scandali finanziari d'America, in Enron – L'economia della truffa (2005), Alex Gibney torna dietro la macchina da presa per dedicarsi alla ricerca della verità in un ambiente spinoso e pieno di misteri come quello militare. Il regista americano conduce un'indagine molto dettagliata e ricca di materiale raccolto tramite accurate ricerche, conducendo lo spettatore lungo una storia fitta di intrighi e misteri raccapriccianti. Riuscendo a mantenere un alto tasso di attenzione per tutti i minuti della pellicola, il film è privo di qualsiasi alleggerimento di tono, preferendo concentrarsi interamente sulla serietà e sulla drammaticità della realtà proposta. Al centro di tutto sembra esserci la violenza, sia corporale che psicologica: Gibney è indignato per le atrocità commesse dai suoi stessi concittadini, ma ancor di più per l'intenzione del governo statunitense di approvare determinate decisioni che non rispecchiano per nulla i valori su cui si fonda la Nazione. Taxi to the Dark Side è dunque un film solido, scottante, teso, avvolgente, cupo e tenebroso, forse un po' meno convincente sul piano strettamente cinematografico e stilistico rispetto all'opera di altri autori contemporanei (in primis Errol Morris), ma comunque riuscito e affascinante. La pellicola ottenne il premio Oscar come miglior documentario dell'anno.