Prendendo spunto dalla seconda edizione del meeting “Terra madre”, che riunisce agricoltori, distributori, promotori e studiosi di agricoltura e allevamento a misura d'uomo e progetti di decrescita, Olmi associa le riprese e interviste durante la conferenza a immagini di repertorio e altre storie. Scopriamo così la vicenda di un uomo che si è ritirato a vivere in un piccolo podere isolato dal mondo pur essendo a pochi passi dalle arterie dell'industrializzato Nord Est e i piccoli rituali della coltivazione tradizionale di un orto. Curioso ibrido girato dal regista con evidente curiosità e simpatia per la causa “ambientalista” esposta, Terra madre si pone però ai limiti del genere cinematografico, considerata la scioltezza con cui accosta estratti da “Superquark” (il servizio sulla banca dei semi) a inserti anche ermetici come quello che occupa tutta l'ultima parte del film. Traspare la simpatia del regista per il co-autore Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, ma per lo spettatore è inevitabile la sensazione di superficialità dell'operazione. Mentre con il passare del tempo l'attualità della conferenza inevitabilmente viene meno, resto un certo fascino proprio nelle sequenze finale, nelle quali l'autore recupera il suo sguardo ispirato nei confronti della vita agreste e delle gestualità a essa associate. Un oggetto curioso che evita di schierarsi ma nondimeno rischia di appassionare solo chi ha già sposato le tesi enunciate.