True Mothers
Asa ga Kuru
2020
Paese
Giappone
Genere
Drammatico
Durata
140 min.
Formato
Colore
Regista
Naomi Kawase
Attori
Hiromi Nagasaku
Arata Iura
Aju Makita
Miyoko Asada
Dopo tanti tentativi falliti nel rimanere incinta, Satoko (Hiromi Nagasaku) decide di intraprendere il duro e tortuoso percorso dell’adozione insieme a suo marito Kiyokazu (Arata Iura). La coppia farà la conoscenza del piccolo Asato, ma loro felicità verrà messa a dura prova da Hikari (Aju Makita), ragazza ventenne che dichiara di essere la madre biologica del piccolo. 

Ispirato a un racconto del 2015 dell’autrice giapponese Mizuki Tsujimura, True Mothers riporta la cineasta nipponica Naomi Kawase a un tema, quello della genitorialità, che ha segnato la sua carriera fin dagli esordi e attraverso il quale la regista ha avuto modo di elaborare sul grande schermo l’esperienza autobiografica dell’abbandono per mano dei genitori. Nelle premesse Two Mothers, che presenta anche una casa d’affitto per neonati, la Baby Baton, e giovani ragazze prostitute diventate madri loro malgrado, vorrebbe essere un film misurato e sussurrato, ma la prolissità della narrazione, che si protrae senza alcuna reale ragion d’essere per oltre due ore di durata, fa pesare in maniera gravosa e controproducente tutta la sua presunta poeticità. Lo sguardo della Kawase, dal canto suo, si conferma estetizzante e di maniera, estinguendo il conflitto relativo a temi familiari, già esplorato in lungo e in largo dal suo connazionale Hirokazu Kore-Eda, con esiti votati alla mera superficie e alla posa plastica della commozione, tra frasi banali e affettate («Non sono i genitori a trovare i bambini, ma i bambini a trovare i genitori») e svolte rigide e meccaniche nella scrittura. Blandamente faciloni anche il ricorso a musiche retoriche e invadenti e l’uso, pretestuoso, di scorci naturalistici come i tanti ciliegi in fiore, che a tratti sembrano voler scimmiottare a briglia sciolta l’estetica pseudo e para-filosofica del peggior Terrence Malick. L’emozione degenera così nell’afasia e lo studio delle epidermidi dei personaggi, che pure dal punto di vista della messa in scena è tutt’altro che trascurabile (a partire dalla fotografia assai rifinita), si raggomitola farraginosamente su se stesso. Senza contare questo, True Mothers mostra anche, andando controcorrente rispetto alla sensibilità asciutta e vibrante di molti attori le cui prove con primi piani dolenti annessi rimangono l’aspetto migliore, un’eccessiva bulimia narrativa, mettendo troppa carne al fuoco e imboccando più di una strada contemporaneamente. Inserito nella Selezione ufficiale del Festival di Cannes 2020, anno in cui l’edizione non si è svolta, e presentato in seguito alla Festa del Cinema di Roma 2020.
Maximal Interjector
Browser non supportato.