Quando una banda di yakuza sequestra la figlia di un trafficante d'armi americano (Brian Keith), questi chiama l'amico Harry Kilmer (Robert Mitchum), che manca dal Giappone da vent'anni, per aiutarlo. Kilmer sarà affiancato da un uomo del luogo e da Eiko (Keiko Kishi), una sua ex fiamma. Apologo intimista e crepuscolare scritto da Robert Towne e Paul Schrader (sulla base di un soggetto di Leonard Schrader), Yakuza, prima di essere un thriller dalla suggestiva ambientazione, è uno splendido ritratto sofferto e umanissimo di un uomo che deve fare i conti con il proprio passato, tra disillusione e disperato romanticismo. Tra lampi di violenza stilizzata e dolorose riflessioni esistenziali, la storia, apparentemente di genere, fa da scorza esterna per raccontare in profondità la natura degli uomini e i loro rapporti. Amore e amicizia virile assumono un inedito significato nella contrapposizione tra due culture agli antipodi (America e Giappone) per dare corpo a un neo noir dal ritmo disteso, a tratti contemplativo, che accarezza lo spirito revisionista della New Hollywood. La relazione tra Kilmer ed Eiko (meravigliosamente interpretati da Mitchum e Keiko Kishi) rappresenta il cuore tenero e insieme melanconico di una pellicola solenne e anomala, impregnata di vita vissuta. Sono proprio questi elementi che, con il tempo, hanno reso giustizia a un film inizialmente poco compreso dal grande pubblico.