Sguardo sulla giovinezza di Abraham Lincoln (Henry Fonda), promettente avvocato alle prese con il suo primo caso importante: la difesa di due giovani accusati di omicidio. C'è spazio anche per il racconto del breve grande amore per Ann Rutledge (Pauline Moore) e dell'incontro con la futura moglie Mary Todd (Marjorie Weaver). Per comprendere la rilevanza nella cultura americana del presidente forse più amato di sempre, prima che sui libri di scuola basta guardare al cinema: dalle opere di David Wark Griffith (Nascita di una nazione, del 1915, e Il cavaliere della libertà del 1930) a quella di Steven Spielberg (Lincoln del 2012) gli esempi sono numerosissimi. Ford è uno dei registi che più lo ha raccontato, inserendolo come guest in pellicole quali Il cavallo d'acciaio (1924) o Il prigioniero dell'isola degli squali (1936), per poi dedicargli finalmente questo sublime e misurato “ritratto da giovane”. La carriera politica è assente e solo evocata tra le righe, perché l'intento è scavare in profondità in una personalità geniale ed eccentrica, nel suo enorme senso della giustizia: alla ricerca del grande uomo dietro il grande statista, Ford scrive la Storia in un'opera distesa e potente. Molto mimetica l'interpretazione di Fonda, accuratamente truccato e attento a costruire la prossemica del personaggio. Come dimostrato più volte nel corso della sua carriera (Il giudice del 1934, Il sole splende alto del 1953, I dannati e gli eroi del 1960), l'autore è particolarmente a suo agio con il genere procedurale: le lunghe sequenze in aula di tribunale sono pagine di grande cinema.