Il reggente di Francia Philippe D'Orleans (Philippe Noiret) prende il potere dopo la morte di Luigi XIV. Mentre la miseria dilaga, a corte Philippe e i suoi sodali si dedicano a vizi e piaceri di ogni sorta. Persuaso con l'inganno dall'opportunista abate Dubois (Jean Rochefort), Philippe condanna a morte il marchese di Pontcallec (Jean-Pierre Marielle), capo dei Bretoni rivoltosi, attirandosi ulteriormente le ire di un popolo sempre più povero e stremato. Tavernier sceglie una struttura narrativa volutamente frammentata che accumula episodi e situazioni in modo funzionale, costruendo un quadro umano di miseria e squallore morale contrastanti con l'appariscenza lussuosa degli ambienti in cui i protagonisti si esiliano dal mondo esterno. Il regista in questo modo mette in scena l'alienazione solipsistica del potere, attento solo a compiacere i propri bisogni e a preservare le proprie posizioni autoritarie, rappresentato da personaggi gretti e meschini tanto abili nelle trame di palazzo quanto inadeguati dinnanzi ai problemi concreti della quotidianità (esemplare in tal senso il finale). Un'opera morale e polemica, arrabbiata ma al contempo gradevole in cui commedia e dramma si contaminano costantemente, benché alcuni passaggi appaiano ripetitivi e poco incisivi. Il regista ha dichiarato di essersi ispirato per questo film, definito lirico e comico, ai lungometraggi storici di Riccardo Freda (suo grande amico e collaboratore) e Luigi Comencini. Trionfo alla prima edizione dei Cèsar con quattro premi conquistati (miglior regista, sceneggiatura, scenografia e attore non protagonista a Jean Rochefort) su sette nomination.