Ricardo Coppa (Gastón Pauls) è un compositore mediocre che inizia una complicata ricerca incentrata su una splendida partitura musicale, lasciata incompiuta dal musicista Eliseo Montalbán (Benjamín Vicuña). Quest’ultimo aveva scritto quella composizione accidentalmente, dopo aver assistito, da bambino, all'assassino della sorella avvenuto su un pianoforte.
Misconosciuto e poco visto esordio di Pablo Larraín, regista cileno che avrà grande successo fin dal film successivo Tony Manero (2008), Fuga è un’opera prima un po’ sottovalutata, piena di tanti elementi di riflessione (dal controllo sulle menti da parte di figure autoritarie alla necessità di scappare degli artisti da una società che non li comprende, come in Neruda) che diventeranno presto un marchio di fabbrica dell’autore sudamericano. Con alcuni spunti autobiografici (il protagonista è sostanzialmente coetaneo di Larraín quando diresse il film e si tratta un giovane artista desideroso di dirigere con un padre che è un importante personaggio politico), Fuga è un’opera che interessa e colpisce per la maturità della messinscena in diverse sequenze, a partire da quella notevolissima dell’omicidio sul pianoforte. La regia, così, non sembra quella di un esordiente e il film coinvolge nella prima parte in cui si segue la progressiva discesa nella follia del personaggio principale. Peccato che la pellicola perda di coesione per tutta la parte della ricerca di Coppa, interpretato da un Gastón Pauls tanto insulso quanto lo è il suo personaggio; vanno decisamente meglio Benjamin Vicuña e soprattutto Alfredo Castro, che diventerà poi un volto fondamentale del cinema di Larraín. Il finale, in particolare, lascia l’amaro in bocca per la sua incosistenza, visto che le premesse iniziali facevano sperare a un risultato diverso. A ogni modo, l’esito è quello di un prodotto dignitoso, con diversi difetti evidenti, ma anche spunti tutt’altro che banali e non soltanto perché si tratta di un’opera prima.