Maria
Maria
2024
In sala
dal 01/01/25
Paesi
Usa, Italia, Germania
Generi
Drammatico, Biografico
Durata
124 min.
Formato
Colore
Regista
Pablo Larraín
Attori
Angelina Jolie
Haluk Bilginer
Valeria Golino
Alba Rohrwacher
Pierfrancesco Favino
Parigi, 1977. Maria Callas (Angelina Jolie), la più grande cantante lirica di ogni tempo, vive in una grande casa insieme a un maggiordomo (Pierfrancesco Favino) e a una domestica (Alba Rohrwacher). Il suo passato le scorre davanti agli occhi e pensa di scrivere un’autobiografia, ma la fine, lei lo sa, sta ormai per arrivare…
Dopo Jackie (2016) e Spencer (2021), Pablo Larraín firma una terza (anti)biografia di un’altra icona femminile del ventesimo secolo, mescolando spunti e ossessioni già presenti in quei due lungometraggi precedenti, incentrati su traumi e su fantasmi impossibili da scacciare, esattamente come succede in Maria. Si apre con una lunga e bellissima inquadratura su una porta aperta («così la musica può sempre entrare», dirà la Callas a sua sorella) che lascia presagire la presenza di un cadavere in mezzo al corridoio: si apre con la morte questo lungometraggio che si concentra sugli ultimi, tormentati giorni di vita della cantante, vittima di dipendenza da farmaci, che la portano ad avere visioni e allucinazioni, dei quali, però, non vuole fare a meno. Attraverso una scelta metanarrativa che può far ripensare anche a un altro grande film come Neruda (2016), Larraín ci mostra un’artista che crea personaggi attorno a sé, tra chi abbia voglia di intervistarla o un’orchestra che possa accompagnare la sua voce ancora un’ultima volta. È (anche) un potentissimo film sul cinema Maria, una pellicola in cui è la stessa Callas a dirigere l’autobiografia per immagini che vorrebbe scrivere, mentre si mescolano i formati, il colore con il bianco e nero, il passato reale con un presente immaginato, o viceversa. Grazie a un ritmo di montaggio dalla forza impressionante, Larraín dirige una sinfonia estremamente coinvolgente, ad altissimo ritmo, e capace di toccare corde molto profonde, scavando negli abissi dell’animo umano. Le scelte musicali scandiscono i momenti della vita della Callas, rappresentata qui nel momento di massimo tormento possibile, quello in cui cerca di avere ancora una voce da far sentire a qualcuno e quello in cui deve salutare la vita per un’ultima volta. Notevole il copione di Steven Knight, capace di regalare alcuni dialoghi di grande forza drammaturgica che valorizzano ancora di più i personaggi in scena. Il cast funziona bene, ma una menzione a parte va alla gigantesca prova di Angelina Jolie nel ruolo più intenso e sentito di tutta la sua carriera. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.
Dopo Jackie (2016) e Spencer (2021), Pablo Larraín firma una terza (anti)biografia di un’altra icona femminile del ventesimo secolo, mescolando spunti e ossessioni già presenti in quei due lungometraggi precedenti, incentrati su traumi e su fantasmi impossibili da scacciare, esattamente come succede in Maria. Si apre con una lunga e bellissima inquadratura su una porta aperta («così la musica può sempre entrare», dirà la Callas a sua sorella) che lascia presagire la presenza di un cadavere in mezzo al corridoio: si apre con la morte questo lungometraggio che si concentra sugli ultimi, tormentati giorni di vita della cantante, vittima di dipendenza da farmaci, che la portano ad avere visioni e allucinazioni, dei quali, però, non vuole fare a meno. Attraverso una scelta metanarrativa che può far ripensare anche a un altro grande film come Neruda (2016), Larraín ci mostra un’artista che crea personaggi attorno a sé, tra chi abbia voglia di intervistarla o un’orchestra che possa accompagnare la sua voce ancora un’ultima volta. È (anche) un potentissimo film sul cinema Maria, una pellicola in cui è la stessa Callas a dirigere l’autobiografia per immagini che vorrebbe scrivere, mentre si mescolano i formati, il colore con il bianco e nero, il passato reale con un presente immaginato, o viceversa. Grazie a un ritmo di montaggio dalla forza impressionante, Larraín dirige una sinfonia estremamente coinvolgente, ad altissimo ritmo, e capace di toccare corde molto profonde, scavando negli abissi dell’animo umano. Le scelte musicali scandiscono i momenti della vita della Callas, rappresentata qui nel momento di massimo tormento possibile, quello in cui cerca di avere ancora una voce da far sentire a qualcuno e quello in cui deve salutare la vita per un’ultima volta. Notevole il copione di Steven Knight, capace di regalare alcuni dialoghi di grande forza drammaturgica che valorizzano ancora di più i personaggi in scena. Il cast funziona bene, ma una menzione a parte va alla gigantesca prova di Angelina Jolie nel ruolo più intenso e sentito di tutta la sua carriera. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.
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