Mr. Klein
Mr. Klein
1976
Paesi
Francia, Italia
Genere
Drammatico
Durata
123 min.
Formato
Colore
Regista
Joseph Losey
Attori
Alain Delon
Jeanne Moreau
Francine Bergé
Massimo Girotti
Michael Lonsdale
Robert Klein (Alain Delon) è un mercante d'arte nella Parigi occupata dai nazisti che non disdegna di comprare a poco prezzo opere d'arte dagli ebrei bisognosi di denaro per rivenderle con il massimo profitto. La sua vita di successo e apparentemente felice è sconvolta, con lentezza ma implacabilmente, da un fatto in apparenza insignificante: un giornale giudaico viene recapitato al suo indirizzo, rivelandogli l'esistenza di un suo omonimo. Le sue ricerche per dare un volto a questo individuo da una parte insospettiranno le autorità, dall'altra lo spingeranno a mischiarsi, più o meno consapevolmente, ai deportarti bersaglio dei rastrellamenti di tedeschi e collaborazionisti.
Pellicola glaciale, spietata e diretta con occhio quasi “clinico” (come dimostrato dalle prime due sequenze) da Losey, con pulizia e rigore ineguagliati e interpretato da un Delon praticamente perfetto e per il quale è impossibile pensare a un eventuale sostituto nel ruolo. I limiti del distacco e della calligrafia sono superati dalla profonda riflessione su un uomo e la società che lo forma e condiziona, certo non inedita per l'autore, ma che acquista nuova linfa dall'incontro con la Storia, come avveniva in Per il re e per la patria (1964). I dubbi del protagonista si riverberano nello spettatore: l'identità, il doppio e la meno scontata propensione all'autodistruzione di un uomo dall'animo repellente, che forse cerca una catarsi condividendo il destino delle vittime di cui si era approfittato con i suoi affari. La ricercata neutralità è forse alla fine il limite per cui Mr. Klein non riesce a diventare un capolavoro o una parabola universale, ma resta una tappa fondamentale nella carriera tanto del regista quanto di Alain Delon. Presentato in concorso al Festival di Cannes.
Pellicola glaciale, spietata e diretta con occhio quasi “clinico” (come dimostrato dalle prime due sequenze) da Losey, con pulizia e rigore ineguagliati e interpretato da un Delon praticamente perfetto e per il quale è impossibile pensare a un eventuale sostituto nel ruolo. I limiti del distacco e della calligrafia sono superati dalla profonda riflessione su un uomo e la società che lo forma e condiziona, certo non inedita per l'autore, ma che acquista nuova linfa dall'incontro con la Storia, come avveniva in Per il re e per la patria (1964). I dubbi del protagonista si riverberano nello spettatore: l'identità, il doppio e la meno scontata propensione all'autodistruzione di un uomo dall'animo repellente, che forse cerca una catarsi condividendo il destino delle vittime di cui si era approfittato con i suoi affari. La ricercata neutralità è forse alla fine il limite per cui Mr. Klein non riesce a diventare un capolavoro o una parabola universale, ma resta una tappa fondamentale nella carriera tanto del regista quanto di Alain Delon. Presentato in concorso al Festival di Cannes.
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