L'alcolizzato Joe Doucett (Josh Brolin) è rinchiuso a forza nella stanza di un motel per vent'anni, con una televisione attraverso cui viene a sapere dell'omicidio della moglie, a lui attribuito. Liberato, cerca chi lo ha imprigionato per vendicarsi e ritrovare la figlia, ma la verità lo annienterà, mettendolo di fronte agli errori di gioventù.
Remake americano dell'omonimo capitolo centrale della “trilogia della vendetta”, ideata dal coreano Park Chan-wook. Spike Lee tenta di rispettare il soggetto di partenza, spostando l'azione in America e modificando pochi dettagli nella trama: l'effetto generale è quello di un film godibile, dall'impianto visivo suggestivo e con un Josh Brolin in gran forma, ma a cui manca (e non potrebbe essere altrimenti) la carica straniante e perturbante dell'originale. Gli impercettibili cambiamenti rendono il tutto più digeribile e meno disturbante, pur senza rinunciare a incesti e violenza, spesso innervata di un'estetica splatter di più facile consumo. Sul senso profondo di una simile operazione resta difficile pronunciarsi: imperialismo culturale di Hollywood e mancanza di coraggio nell'investire su soggetti originali sono gli indiziati principali. A tratti affascinante, ma il confronto con il modello ispiratore risulta impietoso: da un regista del calibro di Lee era lecito attendersi qualche guizzo in più. Scritto da Mark Protosevich.