Ombre malesi
The Letter
1940
Paese
Usa
Generi
Drammatico, Noir, Sentimentale
Durata
95 min.
Formato
Bianco e Nero
Regista
William Wyler
Attori
Bette Davis
Herbert Marshall
James Stephenson
Frieda Inescort
Gale Sondergaard
Bruce Lester
Malesia. Leslie (Bette Davis), sposata al dolce proprietario di piantagioni Robert Crosbie (Herbert Marshall), uccide un uomo accusandolo di averla aggredita durante l'assenza del marito. In attesa del processo, l'avvocato che la segue (James Stephenson) scopre di una relazione tra la donna e l'assassinato, “colpevole” di aver sposato una misteriosa indigena (Gale Sondergaard).
Affascinante mélo ispirato a The Letter (1926), racconto – poi pièce teatrale – di William Somerseth Maughan, già portato sullo schermo diverse volte (con lo stesso titolo da Jean de Limur, nel 1929, e con quello di La donna bianca da Jack Salvatori, nel 1931, solo per citare alcune trasposizioni). Due gli straordinari motivi di grandezza di un'opera unica per torbido esotismo e rarefatta tensione: da un lato William Wyler, che sfodera qui una grinta invidiabile attraverso una regia fatta di dissolvenza e giochi d'ombre sulle carni dei suoi personaggi (impossibile non citare la panoramica iniziale sul trastullarsi degli schiavi della piantagione, o la strepitosa passeggiata finale alla luce della luna, prima dell'ultimo, grande, delitto), dall'altro il magnetico carisma di Bette Davis e dei suoi occhi ardenti e manipolatori. Le fanno eco, con risultati eccellenti e incisivi, Herbert Marshall e James Stephenson. L'altra, memorabile presenza, è quella di Gale Sondergaard, il cui fascino sinistro è esaltato da una serie di primi piani che non si dimenticano. Un umido racconto di colpa e abnegazione che Wyler tiene in pugno con navigato mestiere, immergendolo in un formalismo impeccabile. Finale modificato rispetto al testo originario: nell'America del codice Hays era impensabile che una protagonista adulterina e omicida potesse farla franca con tanta facilità. Eccezionale bianconero contrastato di Tony Gaudio e musiche di Max Steiner.
Affascinante mélo ispirato a The Letter (1926), racconto – poi pièce teatrale – di William Somerseth Maughan, già portato sullo schermo diverse volte (con lo stesso titolo da Jean de Limur, nel 1929, e con quello di La donna bianca da Jack Salvatori, nel 1931, solo per citare alcune trasposizioni). Due gli straordinari motivi di grandezza di un'opera unica per torbido esotismo e rarefatta tensione: da un lato William Wyler, che sfodera qui una grinta invidiabile attraverso una regia fatta di dissolvenza e giochi d'ombre sulle carni dei suoi personaggi (impossibile non citare la panoramica iniziale sul trastullarsi degli schiavi della piantagione, o la strepitosa passeggiata finale alla luce della luna, prima dell'ultimo, grande, delitto), dall'altro il magnetico carisma di Bette Davis e dei suoi occhi ardenti e manipolatori. Le fanno eco, con risultati eccellenti e incisivi, Herbert Marshall e James Stephenson. L'altra, memorabile presenza, è quella di Gale Sondergaard, il cui fascino sinistro è esaltato da una serie di primi piani che non si dimenticano. Un umido racconto di colpa e abnegazione che Wyler tiene in pugno con navigato mestiere, immergendolo in un formalismo impeccabile. Finale modificato rispetto al testo originario: nell'America del codice Hays era impensabile che una protagonista adulterina e omicida potesse farla franca con tanta facilità. Eccezionale bianconero contrastato di Tony Gaudio e musiche di Max Steiner.
Iscriviti
o
Accedi
per commentare