Il signor R. (Kurt Raab) è un uomo in tutto e per tutto normale e niente lascerebbe presagire in lui niente di particolarmente strano o malato. Improvvisamente, però, nel corso della visita di un'amica della moglie in casa sua, l'uomo impazzisce e uccide il figlio, la consorte e persino l'amica di quest'ultima.
Un esercizio di crudeltà che dice molto di un certo sottile sadismo che è po' il sotterraneo fil rouge di buona parte della produzione di Fassbinder, cineasta sempre acutissimo nel parlare di forze ancestrali sopite e di rapporti di forza, ma anche, a suo modo, dell'incomunicabilità di figure controverse (come dimostrano, ad esempio, L'amore è più freddo della morte del 1969 o Il matrimonio di Maria Braun del 1978). Perché il signor R è diventato matto? è un film di una remissività senza pari, cinico e mefistofelico, che si limita alla mera rappresentazione, e non cerca contesti e paratesti, né tantomeno cause o possibili colpevoli. Così facendo non riesce certo a rendere l'operazione meno programmatica e gratuita di quanto non sia, ma il sasso è lanciato e la capacità di spiazzare lo spettatore non è certo dote da poco. Primo film a colori di Fassbinder e uno dei suoi quattro lavori realizzati nel 1969, fedele a quella dipendenza famelica da lavoro che consumerà il regista tedesco fino alla precocissima morte (37 anni), ma senza eroderne minimamente talento e lucidità. Dialoghi improvvisati che vanno a ingolfare dei pigri scenari borghesi e che conducono all'anticlimax del finale.