Psycho
Psycho
1998
Sky Cinema Due
Paese
Usa
Generi
Horror, Thriller
Durata
105 min.
Formato
Colore
Regista
Gus Van Sant
Attori
Julianne Moore
Vince Vaughn
Anne Heche
Viggo Mortensen
Lila (Julianne Moore) è alla ricerca della sorella Marion (Anne Heche) che è scappata con quasi mezzo milione di dollari. Sosterà al motel gestito da Norman Bates (Vince Vaughn), uno strano e inquietante soggetto.
Immediatamente dopo aver girato Will Hunting (1997), un film assolutamente allineato con Hollywood e i suoi dettami, Van Sant torna all'indipendenza e alla radicalità che gli sono più familiari, e gira un remake, inquadratura per inquadratura, di uno dei classici più celebrati della storia del cinema: l'omonimo film del 1960 di Alfred Hitchcock. Gus Van Sant, palesemente, ama alla follia il lungometraggio originale, e si lancia in un'operazione estrema e, come tale, aperta agli interrogativi più disparati, sia sul senso complessivo e la destinazione d'uso reale di un progetto del genere, sia sulla natura della cultura post-moderna, che fa dell'eterna riproducibilità la sua condizione. L'obiettivo reale di Van Sant però è un altro: gli interessa, prima di tutto, il confine sottile e sfumato tra il plagio ai limiti della clonatura e l'appropriazione libera, autonoma e consapevole dell'opera di un altro artista. Non a caso Van Sant, al film di Hitchcock, aggiunge: le nuvole, suo marchio di fabbrica; la masturbazione di Vaughn, che rimanda a un sottotesto omosessuale che molti hanno rilevato; il colore del direttore della fotografia Chris Doyle e le musiche di Bernard Hermann riarrangiate però da Danny Elfman. La volontà è tantissima, ma il risultato lascia interdetti: gli sforzi artistici impallidiscono se confrontati con la magistrale e tagliente semplicità dell'originale e, quel che più conta, la confezione rinnovata risulta soltanto derivativa e inutile. I quadri presenti nel film sono realizzati da Viggo Mortensen, che veste i panni di Samuel Loomis.
Immediatamente dopo aver girato Will Hunting (1997), un film assolutamente allineato con Hollywood e i suoi dettami, Van Sant torna all'indipendenza e alla radicalità che gli sono più familiari, e gira un remake, inquadratura per inquadratura, di uno dei classici più celebrati della storia del cinema: l'omonimo film del 1960 di Alfred Hitchcock. Gus Van Sant, palesemente, ama alla follia il lungometraggio originale, e si lancia in un'operazione estrema e, come tale, aperta agli interrogativi più disparati, sia sul senso complessivo e la destinazione d'uso reale di un progetto del genere, sia sulla natura della cultura post-moderna, che fa dell'eterna riproducibilità la sua condizione. L'obiettivo reale di Van Sant però è un altro: gli interessa, prima di tutto, il confine sottile e sfumato tra il plagio ai limiti della clonatura e l'appropriazione libera, autonoma e consapevole dell'opera di un altro artista. Non a caso Van Sant, al film di Hitchcock, aggiunge: le nuvole, suo marchio di fabbrica; la masturbazione di Vaughn, che rimanda a un sottotesto omosessuale che molti hanno rilevato; il colore del direttore della fotografia Chris Doyle e le musiche di Bernard Hermann riarrangiate però da Danny Elfman. La volontà è tantissima, ma il risultato lascia interdetti: gli sforzi artistici impallidiscono se confrontati con la magistrale e tagliente semplicità dell'originale e, quel che più conta, la confezione rinnovata risulta soltanto derivativa e inutile. I quadri presenti nel film sono realizzati da Viggo Mortensen, che veste i panni di Samuel Loomis.
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