Quell'oscuro oggetto del desiderio
Cet obscur objet du désir
1977
Paesi
Francia, Spagna
Generi
Drammatico, Commedia
Durata
102 min.
Formato
Colore
Regista
Luis Buñuel
Attori
Fernando Rey
Carole Bouquet
Ángela Molina

Mathieu (Fernando Rey), facoltoso borghese di mezza età, è protagonista di un curioso incidente alla stazione di Siviglia. Durante il viaggio in treno verso Parigi racconta ai passeggeri del suo scompartimento la travagliata vicenda del suo amore frustrato per la giovane Conchita (Carole Bouquet/Angela Molina).

Ultimo film di Buñuel, che l'ha sceneggiato insieme a Jean-Claude Carrière sulla base del romanzo La donna e il burattino di Pierre Louÿs. Una pellicola solida, lucida e che puntualmente colpisce l'obiettivo del regista: quella borghesia che per tutta la sua carriera ha più volte scomposto e dissacrato. Rispetto ai suoi film immediatamente precedenti ritrova una precisa linearità narrativa, ma il dispositivo di sabotaggio del linguaggio filmico si sposta all'interno di un personaggio, quello di Conchita, interpretato da due attrici diverse. Alternate senza una ben definibile ragione, le due donne visualizzano plasticamente la doppiezza che il maestro surrealista da sempre ha attribuito ai suoi personaggi femminili. L'oggetto del desiderio di Mathieu resta così misterioso, non decrittabile secondo i suoi canoni logici, sospeso in un limbo onirico che trova tutto il suo splendore attraverso un'interpretazione libera da ogni spiegazione razionale. L'inappagamento sessuale, la costante castrazione, l'attesa del godimento di Mathieu innescano un gioco al massacro tra i più riusciti del maestro spagnolo. In parallelo con questa strategia di “terrorismo” erotico, Buñuel dissemina nel corso del film atti di terrorismo armato, mentre oscuri restano i rimandi ad alcuni simboli ricorrenti, a cui la fantasia di ogni spettatore può attribuire differenti tipi di significato. All'apparenza irrisolta, in realtà la pellicola ritrova una compiutezza miracolosa, forte di un fertile sperimentalismo che anticipa con spirito eversivo le più audaci soluzioni post moderne nella frattura del linguaggio cinematografico classico. Se ne ricorderà Todd Solondz nello splendido Palindromi (2004).

Maximal Interjector
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