Kintaro (Katsunori Takahashi) è uno dei tanti colletti bianchi giapponesi che lavorano duramente e percepiscono un reddito fisso. Quando l'azienda edile per cui lavora non riesce più ad aggiudicarsi alcun appalto rischiando il fallimento, Kintaro smaschera un intricato complotto e salva la situazione. L'entrata in gioco della yakuza spinge a questo punto Kintaro a riunire la banda di motociclisti di cui un tempo era stato leader. Adattando per il cinema il popolare manga di Hiroshi Motomiya, Takashi Miike dirige un onesto live-action che trova posto fra i suoi titoli più sobri e lineari. Abbandonato temporaneamente il punto di vista interno agli ambienti yakuza, Miike racconta con ironia e leggerezza le traversie di un onesto lavoratore giapponese in guerra con un sistema politico-economico profondamente corrotto. Altruista e disinteressato, Kintaro è il volto migliore del Giappone, l'esponente modello di una classe sfruttata e sottopagata, costretta ad accettare servilmente le decisioni dei potenti. Attraverso le titaniche gesta del suo protagonista (dipinto come una sorta di supereroe che salva bambini da palazzi in fiamme e difende i più deboli da pestaggi), Miike sferra una critica a quella parte del Giappone che sembra aver perso ogni umanità, e lo fa con toni più espliciti e didascalici rispetto ai suoi altri lavori. Diretto con buon mestiere, senza particolari guizzi di regia o invenzioni visive, il film risente di una sceneggiatura troppo fragile per non determinare un generale calo di ritmo nel corso delle quasi due ore di durata.