Il cantante inglese Robyn Hitchcock, leader e frontamn dei Soft Boys, si cimenta in un'esibizione live dal suo negozio malandato in quel di Manhattan, finestra sul mondo e filtro uditivo e visivo sull'esterno. Ballata in forma di documentario musicale che cattura una delle anime più folgoranti e segrete del britpop: quella acida e anarchica, capace di contaminare l'appeal di un motivetto orecchiabile e radiofonico con posture più rigidamente cantautorali, di quelle che tra il catching refrain e la performance acustica pura e semplice di sicuro preferiscono quest'ultima senza pensarci neanche un attimo. Jonathan Demme, da amante e conoscitore profondo dello scibile musicale più variegato, tutto ciò lo sa bene, ma il film, per lo meno sotto il profilo formale, non riesce a sganciarsi dalla presa diretta individuale di un'esperienza specifica per trarne considerazioni e conclusioni paradigmatiche. Il titolo, dal punto di vista strettamente cinefilo, è assai ingannevole.