Dopo la morte dei genitori, la giovane Letty (Lillian Gish) si trasferisce in Virginia da suo cugino. Il suo arrivo crea tensioni nella nuova famiglia, e il paesaggio inospitale, costantemente battuto da tempeste di sabbia e forti raffiche di vento, rischia di farla impazzire. Si sposerà con Lige (Lars Hanson), un uomo che non ama, e il suo altro corteggiatore Roddy (Montagu Love) tornerà alla carica per conquistarla. Da sempre, nel cinema dello svedese Victor Sjöström (Ingeborg Holm, del 1913, Il carretto fantasma, del 1921), l'ambiente ha un ruolo preponderante, ma ne Il vento, il deserto e i temibili agenti atmosferici che lo attraversano svolgono una funzione ancor più importante dal punto di vista drammaturgico. La lenta discesa nella follia di Letty (straordinaria Lillian Gish), infatti, è accompagnata dal progressivo aumento del vento: il paesaggio si fa sublime, fonte di meraviglia e inquietudine allo stesso tempo, e la protagonista, già fragile di per sé, di fronte a esso si sente ancor più impotente. Non si tratta, però, di un film che mette soltanto a confronto la piccolezza umana con la grandezza dell'ambiente che la circonda e la domina: Il vento è anche una pellicola sull'abiezione, sull'invidia e sulla fatalità del destino. Il tentativo di stupro, subìto da Letty per mano di Roddy, è uno dei momenti più angoscianti di tutto il cinema muto. Alla maniera di Sjöström, il film è attraversato da proiezioni mentali, allucinazioni e sovrimpressioni: il regista svedese le aveva già sperimentate negli anni precedenti e qui, al suo ultimo lavoro hollywoodiano (negli Stati Uniti si firmava Seastrom), le mette in pratica con mano sicura e con grande efficacia. Il finale, frettoloso e imposto dalla produzione, sminuisce soltanto in minima parte uno degli ultimi grandi film muti della storia del cinema. Tratto da un romanzo di Dorothy Scarborough.