Giovane artista anticonvenzionale dipendente dal sesso, lo stravagante Eric (Rutger Hauer) colleziona numerose avventure fino a quando non intraprende una relazione duratura con Olga (Monique van de Ven). Dovrà fare i conti con i genitori della ragazza e con un nuovo modo di approcciarsi alla vita.
Con il secondo lungometraggio, Verhoeven centra una dei suoi più grandi successi di critica e pubblico, diventato un riferimento all'interno del cinema underground europeo. Storia di piatta convenzionalità riscattata da uno stile febbrile e viscerale che, sulla base di una fisicità tattile, mette in scena una realtà degradata fatta di ambienti sordidi e disadorni abitata da personaggi ai margini. Autentiche colonne portanti della vicenda (e di tutto il cinema dell'autore olandese), sesso e violenza si compenetrano per restituire un'idea di possesso animalesco e carnalità degenerata, pur rimanendo entro i limiti di una visione d'autore mai gratuita. Notevole il senso di libertà artistica nel raccontare una parabola che fa implodere il melodramma minandone i consueti tratti romantici per concentrarsi sulle pulsioni primigenie dell'uomo. Volutamente sgradevole ed esplicito, calato in una dimensione di allucinato realismo che si smarca da qualsiasi soluzione di compromesso. Non per tutti gusti. Memorabile esordio del ventinovenne Rutger Hauer. Tratto da Olga la rossa (1969) di Jan Wolkers. Bella fotografia accesa di Jan de Bont. La pellicola sbancò i botteghini olandesi con 3.328.804 spettatori, ovverosia il 27% circa degli abitanti dei Paesi Bassi. Nomination all'Oscar come miglior film straniero.