Durante la guerra d'indipendenza angolana, il tenente portoghese Cabrita (Luís Miguel Cintra) discute con i suoi soldati dei più importanti episodi militari e politici della storia del Portogallo, tra cui la Battaglia contro i Romani di Viriato, re degli antenati lusitani, le esplorazioni di Vasco da Gama e la guerra dei Tre Re, famosa per la misteriosa scomparsa del cadavere del re Sebastião. Poema storico sulle sorti maledette dello stato portoghese, nel segno del ricordo ancora bruciante della dittatura di Salazar, terminata soltanto nel 1974 con la Rivoluzione dei Garofani, l'esercizio di ricostruzione nostalgica di de Oliveira non vorrebbe essere tanto una lezione di storia, quanto una riflessione sulla sconfitta del valore assoluto della patria in guerra. Lo stile diretto e raccolto delle parole dei soldati con lo sguardo spesso rivolto alla macchina da presa – forse in un fuoricampo indefinito, forse in un'interpellazione alla coscienza dello spettatore – si alterna alla messa in scena istintiva delle battaglie e degli episodi raccontati (e interpretati dagli stessi attori), ispirati dai grandi cantori portoghesi: le scoperte esotiche di Vasco da Gama sono la trasposizione di un capitolo de I Lusiadi di Luis Vaz de Camões mentre la rievocazione del sebastianismo (il mito del ritorno del re Sebastião) è mutuata da Messaggio di Pessoa, e infine il monologo del “non” proviene da un sermone di António Vieira, di cui de Oliveira narra la vita in Parola e utopia (2000). Dedicato ai suoi nipoti, non riesce a sollevarsi dallo spirito didattico che lo permea involontariamente e lo smarrimento dei soldati di fronte all'assurdità della guerra coloniale rimane poco penetrante. Sicuramente non il miglior de Oliveira, troppo radicato in un intellettualismo di maniera.