Ricky (Karl Scheydt) torna a Monaco di Baviera dove lo aspetta una famiglia problematica. Lasciarsi alle spalle il Vietnam però non è facile e finirà per fare il sicario per conto della polizia locale, che l'assolda per togliere di mezzo delle persone non grate. Epilogo tragico.

Uno dei film più smaccatamente cinefili di Fassbinder, un gioco a carte scoperte con lo spettatore che però estingue ben presso ogni fascino, incapace di andare oltre le eccentricità di un gusto cinematografico ancora votato alla provocazione di maniera. Se c'è un'opera che rappresenta il Fassbinder acerbo è proprio questa, godardiana per volontà e non per necessità, non certo autorizzata a sopperire con l'eccentricità ai propri limiti e inevitabilmente datata. La riflessione sul connubio tra senso del possesso e pulsione di morte è facilona e semplicistica, tanto quanto il riferimento al Vietnam, e avrà miglior vita in altre parentesi della filmografia del regista, che per altro bandiranno del tutto l'icona americana del gangster. Il personaggio di Margarethe von Trotta richiama quello del successivo La paura mangia l'anima (1973). Capitolo conclusivo, insieme a L'amore è più freddo della morte (1969) e Gli dei della peste (1970), della cosiddetta “trilogia nera”.