Wiiliam Tell (Oscar Isaac), ombroso giocatore d'azzardo professionista, vive senza fissa dimora e senza legami affettivi dopo aver scontato diversi anni di detenzione, nel perpetuo tormento causato dal suo passato di carceriere nell'ex penitenziario di Abu Ghraib, in Iraq. La sua grigia e meticolosa quotidiniatà viene incrinata dalla proposta di affari proveniente da La Linda (Tiffany Haddish), scouter alla ricerca di assi del poker, e dalla figura del giovane Cirk (Tye Sheridan), ragazzo intento a vendicare il suicidio del padre, figlio di un torturatore di Bagram.
Calato in una claustrofobica e ipnotica atmosfera che proviene direttamente dai fasti di quella New Hollywood che lo stesso Schrader ha contribuito a codificare sia in veste di regista sia in veste di sceneggiatore, The Card Counter riprende con assoluta coerenza lo spirito più autentico rintracciabile in tutto il cinema del grande autore americano. Se con First Reformed (2017) il modello di riferimento primario era l'austero rigore di Dreyer e Bresson, qui il focus è il cuore di tenebra Usa visto attraverso gli occhi di un uomo nell'ombra costretto all'emarginazione, antieroe dilaniato dal senso di colpa per le atrocità commesse. William Tell è una creatura della notte, che nella sua "seconda" vita rivive la spersonalizzante routine che scandisce i giorni in carcere. Il suo è un annullamento consapevole, figlio della volontà di redimersi ed espiare i propri peccati senza sottostare a nessuna imposizione socialmente riconosciuta. L'America ha fallito alla radice, la salvezza può essere solo frutto di una volontà individuale e le stoccate all'american way of life non mancano (una su tutte, la figura di Mr. USA). Ad accomunare i tre personaggi principali c'è un profondo senso di solitudine, reso in maniera magistrale soprattutto dalla scelta degli ambienti. Gli alienanti luoghi del gioco d'azzardo si sostituiscono alle laide strade newyorkesi messe in scena da Martin Scorsese (co-produttore esecutivo del fim), il contatto umano è ridotto ai minimi termini e la violenza, lasciata anche sapientemente fuori scena nel durissimo prefinale, si manifesta in tutta la sua brutalità. Un film solido e potente, che si presenta come una parabola cristologica aggiornata alle ossessioni del contemporaneo, scandito da momenti di altissimo cinema, fin dai titoli di testa vecchio stile. I tòpoi schraderiani ci sono tutti, compreso il finale alla Pickpocket (1959) già ripreso, ad esempio, in American Gigolo (1980) e Lo spacciatore (1992), ma il tutto non scade mai nel "già visto" e le sequenze memorabili non mancano (una su tutte la passeggiata notturna tra Tell e La Linda, con le luci al neon che assumono i tratti di fiches psichedeliche). Grandissima prova di Oscar Isaac, impegnato in un ruolo tutt'altro che banale, ma convincono senza riserve anche Tye Sheridan e Tiffany Haddish. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2021.