La scelta di come concludere un film rappresenta un momento delicatissimo, in grado di eleggere l’opera a cult assoluto oppure di vanificare l’intero svolgersi della narrazione, lasciandoci totalmente insoddisfatti e delusi della piega presa dagli eventi. Nel tentativo di andare a menzionare alcuni fra i finali più iconici regalatici dalla settima arte, spazieremo dalla commedia al dramma, concedendoci adesso una risata per poi passare a lacrime agrodolci. Vi lasciamo a questo ottovolante di emozioni che ci ricorderà come fare per scrivere la parola fine su una storia.
Luci della città (1931) di Charlie Chaplin
Il finale del film racchiude uno dei momenti più struggenti che la storia del cinema ricordi. Impossibile non commuoversi davanti al sorriso di Charlot e allo sguardo consapevole della fioraia. “You can see now?” “Yes, I can see now”.
Quarto potere (1941) di Orson Welles
Capolavoro assoluto e di opera imprescindibile per chiunque faccia, studi, o, semplicemente, ami il cinema. Inutile dire quanto sia di impatto l’agnizione finale sul “personaggio” di Rosebud.
Casablanca (1942) di Michael Curtiz
D’obbligo citare uno dei finali più iconici della storia del cinema: “Avremo sempre Parigi”.
Viale del tramonto (1950) di Billy Wilder
Lo splendido finale è soltanto la ciliegina sulla torta di quello che è un immortale capolavoro del cinema americano degli anni '50, nonché una delle più importanti pellicole cinematografiche di sempre.
Sentieri selvaggi (1956) di John Ford
Un finale meraviglioso, capace di aprire uno squarcio in quel velo di profonda ambiguità che caratterizza una società americana da sempre in lotta con sé stessa. Il finale ci mostra l’irriducibile solitudine del nostro antieroe, condannato al perpetuo vagabondare, cui non resta che tornare al deserto di cui è egli stesso parte integrante.
A qualcuno piace caldo (1959) di Billy Wilder
Billy Wilder riesce nel magico compito di dare vita a quella che alcuni critici hanno descritto come “il film perfetto” o “la più grande commedia della storia del cinema”. Entrata di diritto nella storia la celebre frase finale, «nessuno è perfetto», che con il suo furbo candore potrebbe riassumere in tre parole tutta la filmografia del regista.
Psyco (1960) di Alfred Hitchcock
Uno sguardo in camera mozzafiato per uno dei capolavori regalatoci dal Maestro: una maestosa opera d'arte, inquietante, seminale dal punto di vista cinematografico (diversi i filoni successivi che presero spunto dal film) e dai profondi e mai abbastanza sviscerati connotati sociologici (le paure più recondite degli Stati Uniti del periodo).
8 ½ (1963) di Federico Fellini
L’iconico finale danzante è la splendida conclusione di un’opera visionaria, arricchita da una ronda di personaggi teneri, intristiti e indulgenti che è forse la più ombelicale e allo stesso tempo irrinunciabile della storia del cinema.
La notte dei morti viventi (1968) di George A. Romero
Un finale da antologia e pregno di sottotesto politico e sociale.
2001: Odissea nello spazio (1968) di Stanley Kubrick
L'apparizione del “bambino cosmico” rappresenta una delle vette della storia dell'arte del ventesimo secolo (e non solo) e l'apice espressivo e filosofico che il cinema abbia mai raggiunto. Sublime conclusione di quello che si potrebbe definire il “film assoluto”.
Il padrino (1972) di Francis Ford Coppola
Finale splendido per un capolavoro assoluto: la porta che si chiude, Michael ormai trasformato nel nuovo padrino, e il personaggio della Keaton esclusa dalla nuova vita del marito.
Io & Annie (1977) di Woody Allen
Dopodiché si fece molto tardi, dovevamo scappare tutti e due. Ma era stato grandioso rivedere Annie, no? Mi resi conto che donna fantastica era... e di quanto fosse divertente solo conoscerla. E io pensai a quella vecchia barzelletta, sapete... Quella dove uno va dallo psichiatra e dice: "Dottore, mio fratello è pazzo: crede di essere una gallina", e il dottore gli dice: "Perché non lo interna?", e quello risponde: "E poi a me le uova chi me le fa?". Be', credo che corrisponda molto a quello che penso io dei rapporti uomo-donna. E cioè che sono assolutamente irrazionali, ehm... e pazzi. E assurdi, e... Ma credo che continuino perché la maggior parte di noi ha bisogno di uova”.
La cosa (1982) di John Carpenter
«Perché non aspettiamo qui ancora un po', e vediamo che succede?» con queste parole ci lascia MacReady in quel magnifico finale in cui i due volti dell’America si trovano l’uno di fronte all’altro, stringendo nella morsa del dubbio gli spettatori.
Nuovo cinema Paradiso (1988) di Giuseppe Tornatore
Finale che rappresenta una vera e propria dichiarazione d’amore alla settima arte: nel regalarci questa scena, Tornatore dimostra di avere tocco e sensibilità fuori dal comune.
L’ultima tentazione di Cristo (1988) di Martin Scorsese
Scorsese dà vita a un film denso e corporale (ma allo stesso tempo, psicologico), trasformando la sceneggiatura molto parlata del sodale Paul Schrader in immagini suggestive: il suo è un cinema iconico e sovvertitore, tanto da finire con la “distruzione” della pellicola stessa.
In the Mood for Love (2000) di Wong Kar-wai
Chow: «Nel passato se uno aveva un segreto e non voleva assolutamente che qualcuno lo sapesse, lo sai che faceva?»
Ping: «Non ne ho la minima idea»
Chow: «Andava in montagna e cercava un albero, scavava un buco nel tronco, e vi bisbigliava il suo segreto e richiudeva il buco col fango, così il segreto non sarebbe stato scoperto mai da nessuno».
Mulholland Drive (2001) di David Lynch
Lynch gioca con il tema del “doppio”, scambiando identità e dimensioni parallele, azzardando una narrazione intricata ma mai macchinosa, e dando così vita a una delle storie più coinvolgenti e inquietanti dell'intera storia del cinema. Un finale indimenticabile per una delle perle del nuovo millennio.
Big Fish (2003) di Tim Burton
Senza mai scadere nella retorica, Burton accompagna per mano Bloom fino alla fine della sua vita, creando un punto di convergenza della propria poetica, a metà tra le opere precedenti e quelle successive della sua filmografia. Raramente il cinema del nuovo millennio è stato così intenso, commovente, delicato e meraviglioso.
Memories of Murder (2003) di Bong joo-ho
Finale di disarmante bellezza e colonna sonora indimenticabile: uno sguardo in camera rivolto proprio verso l’assassino (il film fu infatti un successo di pubblico in patria, ed è molto suggestivo pensare che il killer abbia visto la pellicola).
Ferro 3 (2004) di Kim Ki-duk
Finale delicato, sussurrato, in punta di piedi; il regista sudcoreano ci regala una vera e propria perla. Fusione di due anime, l’immagine si fa sfuocata così da rendere indistinguibile dove inizi l’uno e dove l’altro. Poesia in immagini: è forse questo l’amore?
Simone Manciulli