Cacciatore bianco, cuore nero
White Hunter Black Heart
1990
Paese
Usa
Generi
Avventura, Biografico
Durata
112 min.
Formato
Colore
Regista
Clint Eastwood
Attori
Clint Eastwood
Jeff Fahey
Charlotte Cornwell
Negli anni ‘50, il regista americano John Wilson (Clint Eastwood) parte per l'Africa insieme allo sceneggiatore Pete Verrill (Jeff Fahey), in attesa che la troupe li raggiunga per girare un film. Ma l'uomo ha un'ossessione: uccidere un elefante.
Liberamente ispirato alla lavorazione del film La regina d'Africa (1952) di John Huston, raccontata nel libro autobiografico di Peter Viertel che sceneggiò la pellicola, è, tra i film di Eastwood, quello maggiormente incentrato sul “mezzo” cinema e sulla figura dell'autore filmico come creatore e insieme distruttore. Il suo Wilson/Huston è caparbio, dotato di un ego smisurato e insofferente alla stupidità umana; come un moderno Achab, è ossessionato da una “balena bianca” da uccidere per il gusto di commettere un peccato originale e rivendicare così il suo individualismo e il suo libero arbitrio. Il materiale è gustoso, soprattutto per i cinefili; peccato però che soffra un po' nel ritmo e quanto a stile non offra sequenze particolarmente indimenticabili (anche la scena clou della caccia finale non è tesa come ci si aspetterebbe). L'opera fu comunque sin troppo maltrattata all'epoca e resta interessante, oltre che per il suo messaggio antirazzista, per il discorso sull'arte e sul cinema, che non necessariamente deve inseguire il favore del pubblico. Non poteva che essere lo stesso Eastwood a interpretare il protagonista: il momento in cui il regista-cacciatore è davvero invincibile non è lo sparo, ma l'attimo in cui pronuncia la parola «Azione!».
Liberamente ispirato alla lavorazione del film La regina d'Africa (1952) di John Huston, raccontata nel libro autobiografico di Peter Viertel che sceneggiò la pellicola, è, tra i film di Eastwood, quello maggiormente incentrato sul “mezzo” cinema e sulla figura dell'autore filmico come creatore e insieme distruttore. Il suo Wilson/Huston è caparbio, dotato di un ego smisurato e insofferente alla stupidità umana; come un moderno Achab, è ossessionato da una “balena bianca” da uccidere per il gusto di commettere un peccato originale e rivendicare così il suo individualismo e il suo libero arbitrio. Il materiale è gustoso, soprattutto per i cinefili; peccato però che soffra un po' nel ritmo e quanto a stile non offra sequenze particolarmente indimenticabili (anche la scena clou della caccia finale non è tesa come ci si aspetterebbe). L'opera fu comunque sin troppo maltrattata all'epoca e resta interessante, oltre che per il suo messaggio antirazzista, per il discorso sull'arte e sul cinema, che non necessariamente deve inseguire il favore del pubblico. Non poteva che essere lo stesso Eastwood a interpretare il protagonista: il momento in cui il regista-cacciatore è davvero invincibile non è lo sparo, ma l'attimo in cui pronuncia la parola «Azione!».
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