Un gruppo di ragazzi gay organizza un party in occasione del compleanno dell'amico Harold (Leonard Frey). L'arrivo dell'eterosessuale Alan (Peter White), ex compagno di università del padrone di casa Michael (Kenneth Nelson), scatenerà tensioni, gelosie, confessioni, rivalità e meschinerie. William Friedkin adatta la pièce teatrale di Mart Crowley (anche sceneggiatore) per raccontare, senza falsi pudori e con qualche inserto da commedia, il dramma dell'omosessualità nell'America degli anni '70. Con uno stile asciutto ma al tempo mobile e funzionale (la fluidità della macchina da presa, frammentata da impennate visive nei momenti di alta tensione emotiva) e dialoghi crudi e serrati censurati nella versione italiana («C'è una cosa da dire sulla masturbazione: non hai bisogno di apparire al meglio»), il regista ribalta coraggiosamente la prospettiva convenzionale (l'ostilità e l'incomprensione dei protagonisti nei confronti del mondo etero), tratteggiando dubbi esistenziali che superano i confini di gender. Ambiguo, provocatorio e tutt'altro che accomodante: troppe le derive verbose e caricaturali (il personaggio di Emory, interpretato da Cliff Gorman), ma l'analisi psicologica colpisce spesso nel segno (la degenerazione fisica e mentale di Michael), causando un disagio strisciante che non si esaurisce con la visione. E non è poco. Grandi prove da parte di tutto il cast. Avvolgente fotografia di Arthur J. Ornitz.