Otello
The Tragedy of Othello: The Moor of Venice
1952
Paesi
Francia, Italia, Marocco, Usa
Genere
Drammatico
Durata
90 min.
Formato
Bianco e Nero
Regista
Orson Welles
Attori
Orson Welles
Suzanne Cloutier
Micheál MacLiammóir
Michael Lawrence
Robert Coote
Hilton Edwards
Nicholas Bruce
Fay Compton
Inviato dal doge di Venezia a difendere dai turchi la roccaforte di Cipro, il moro Otello (Orson Welles) sceglie come suo secondo il giovane Cassio (Michael Lawrence). La decisione scatena l'invidia del perfido Iago (Micheál, MacLiammóir) che, per vendicarsi, fa credere a Otello che sua moglie Desdemona (Suzanne Cloutier) lo tradisce proprio con Cassio. Accecato dalla gelosia, Otello uccide la consorte e, dopo aver scoperto l'inganno di Iago, si uccide.
Secondo adattamento shakespeariano per Orson Welles dopo Macbeth (1948) e anche in questo caso, come nel film precedente, limiti e difficoltà realizzative diventano stimolo creativo di stupefacente originalità. Malgrado riprese durate quasi due anni, cambi di cast in corsa (il ruolo di Desdemona era stato affidato prima a Lea Padovani, poi a Betsy Blair e infine a Suzanne Cloutier) e mancanza di fondi, la narrazione mantiene la sua fluidità grazie a un uso del montaggio sorprendente e funzionale che sfrutta brevi o brevissime inquadrature per celare mancanze produttive (attori inquadrati di spalle o avvolti nell'ombra, uso sapiente degli spazi) e al tempo stesso per dare forma a una tensione psicologica in cui la frammentazione delle immagini diventa esplicitazione visiva dell'io scisso del protagonista. In questo modo si viene a creare un'atmosfera sospesa, prettamente onirica, una sorta di incubo a occhi aperti cruento e stralunato, veicolo espressivo del delirio ossessivo del protagonista. Magniloquente e spiazzante, sanguigno e barocco, il film si prende qualche libertà rispetto al testo di Shakespeare, ma rimane un'angosciante, intensa e memorabile riflessione sulle insicurezze dell'esercizio del potere, sulla smania di controllo e sull'irrefrenabile pulsione all'autodistruzione. Le disavventure che hanno portato alla realizzazione di questo lungometraggio sono raccontate dallo stesso Welles nel documentario Filming Othello (1978). Premio come miglior film al Festival di Cannes 1952 ex aequo con Due soldi di speranza (1952) di Renato Castellani.
Secondo adattamento shakespeariano per Orson Welles dopo Macbeth (1948) e anche in questo caso, come nel film precedente, limiti e difficoltà realizzative diventano stimolo creativo di stupefacente originalità. Malgrado riprese durate quasi due anni, cambi di cast in corsa (il ruolo di Desdemona era stato affidato prima a Lea Padovani, poi a Betsy Blair e infine a Suzanne Cloutier) e mancanza di fondi, la narrazione mantiene la sua fluidità grazie a un uso del montaggio sorprendente e funzionale che sfrutta brevi o brevissime inquadrature per celare mancanze produttive (attori inquadrati di spalle o avvolti nell'ombra, uso sapiente degli spazi) e al tempo stesso per dare forma a una tensione psicologica in cui la frammentazione delle immagini diventa esplicitazione visiva dell'io scisso del protagonista. In questo modo si viene a creare un'atmosfera sospesa, prettamente onirica, una sorta di incubo a occhi aperti cruento e stralunato, veicolo espressivo del delirio ossessivo del protagonista. Magniloquente e spiazzante, sanguigno e barocco, il film si prende qualche libertà rispetto al testo di Shakespeare, ma rimane un'angosciante, intensa e memorabile riflessione sulle insicurezze dell'esercizio del potere, sulla smania di controllo e sull'irrefrenabile pulsione all'autodistruzione. Le disavventure che hanno portato alla realizzazione di questo lungometraggio sono raccontate dallo stesso Welles nel documentario Filming Othello (1978). Premio come miglior film al Festival di Cannes 1952 ex aequo con Due soldi di speranza (1952) di Renato Castellani.
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