Roman
Polanski
Regista, sceneggiatore, attore e produttore polacco naturalizzato francese. Nasce da una famiglia di emigrati polacchi che si trasferisce a Cracovia due anni prima dell’esplosione della Seconda guerra mondiale. All’arrivo dei nazisti in Polonia la sua famiglia viene imprigionata in un ghetto. Riesce a fuggire a sette anni dal ghetto di Varsavia e vive un’esistenza sofferta, fatta di fughe e incertezze. Entra alla scuola di cinema di Lodz nel 1957 e lavora come attore. Nel 1962 esordisce con Il coltello nell’acqua (Nóz w wodzie) e tre anni dopo realizza in Inghilterra Repulsion (1965), con protagonista Catherine Deneuve, che vince l’Orso d’argento al Festival di Berlino. Sempre alla Berlinale ottiene l’Orso d’oro con il successivo Cul-de-sac (1966). Divorzia dall’attrice polacca Barbara Lass e sposa Sharon Tate, protagonista di Per favore, non mordermi sul collo (The Fearless Vampire Killers, 1967). Nel 1968 dirige Mia Farrow in uno dei migliori horror di tutti i tempi, l’agghiacciante e paranoico Rosemary’s Baby, capolavoro sui fantasmi ossessivi della maternità, in cui il regista riversa i demoni della tragica morte della moglie per mano di Charles Manson, che uccide la Tate incinta di otto mesi (spettri che tornano anche nella sua versione di Macbeth, realizzata nel 1971). Nel 1974 uno dei suoi capisaldi, Chinatown, ottiene undici nomination all’Oscar portando a casa solo la statuetta per la miglior sceneggiatura di Robert Towne. In Europa gira l’inquieto e tesissimo L’inquilino del terzo piano (Le Locataire, 1976), da lui stesso interpretato. Tra i suoi film successivi spiccano l’hitchcockiano Frantic (1988), con Harrison Ford, e Il pianista (The Pianist, 2003), dove fa i conti con il tema dell’Olocausto a lui molto vicino e ottiene nove candidature all’Oscar 2002, con tre statuette vinte: miglior regista, miglior attore protagonista ad Adrien Brody e miglior sceneggiatura non originale, oltre alla Palma d’oro al Festival di Cannes. Dirige in seguito Oliver Twist (2005), dal romanzo di Dickens, L’uomo nell’ombra (The Ghost Writer, 2010), Orso d’argento a Berlino, e il crudele assalto alle ipocrisie borghesi Carnage (2011). Nel 1989 sposa Emmanuelle Seigner, che recita in diversi suoi film, tra cui Venere in pelliccia (La Vénus à la fourrure, 2013), Quello che non so di lei (D'après une histoire vraie, 2017), sceneggiato da Olivier Assayas, e L'ufficiale e la spia (J'accuse, 2019), film sull'affare Dreyfus che ha vinto il Gran Premio della Giuria alla Mostra del Cinema di Venezia.